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Racconti brevi

L’amore distante

Giorgio si sistema sulla sua comoda sedia. La portineria che dà accesso agli uffici ed ai laboratori di diverse aziende farmaceutiche, sarà pressoché inoperosa fino al mattino successivo: poco prima è infatti uscita l’ultima impiegata ancora presente. Resta solo il personale dell’impresa di pulizie, ma entro una mezz’ora anche loro dovrebbero lasciare il complesso.

L’uomo si ritrova solo, nel silenzio delle quattro mura. Fanno eccezione i dispositivi accesi, dal computer per l’autorizzazione degli accessi in orari straordinari all’impianto di riscaldamento, indispensabile per comprensare le vetrate che consentirebbero facilmente al freddo esterno di entrare.

Giorgio apre il sacchetto di carta che ha portato da casa. Si sforza di resistere alla tentazione di addentare anzitempo il suo pasto, perché quello che ha a disposizione dovrà durare per diverse ore, un fondamentale diversivo per allentare il peso della solitudine.

Non soffre in generale Ne ha approfittato i turni di notte, nonostante diversi colleghi ed amici avessero cercato di dissuaderlo dal mettersi a disposizione per quella fascia oraria a quasi sessant’anni. Ne ha approfittato per recuperare qualche serie TV che non era riuscito a seguire nella routine quotidiana, e non ha patito in modo significativo i ritmi disordinati del sonno.

Quella sera, tuttavia, è diversa dalle altre. È la vigilia di Natale, ed un po’ di compagnia una volta tanto non gli sarebbe dispiaciuta.

Ha cercato scherzosamente di convincere il collega del turno di giorno a fermarsi qualche ora con lui, ma ovviamente il giovane ha preferito tornare a casa dalla famiglia. Quel ragazzo gli piace, è sicuro che farà strada: ha carattere da vendere e, soprattutto, il suo italiano non è macchiato da inflessioni dialettali come quello di Giorgio.

L’uomo non ricorda granché dei suoi luoghi d’origine. Ha lasciato la provincia cosentina per raggiungere la Lombardia con i genitori ormai oltre cinquanta anni prima. Sua madre ha tuttavia parlato in calabrese per tutta la vita, condizionando il figlio che anche oggi si rende conto di come spesso le persone gli chiedano di ripetere una parola oppure un’intera frase a causa della sua pronuncia.

Giorgio sorride ripensando a quando Anita, sua moglie, cercava inutilmente di correggerlo. A tanti anni di distanza dal loro fidanzamento, lui ancora non si spiega cosa abbia trovato in quel burbero ragazzone qual era a venticinque anni quella minuta e gentile maestra di scuola elementare di Rozzano.

L’uomo recupera dal telefonino una fotografia di tanto tempo prima, che sua figlia è riuscita a trasportare dalla carta fotografica al digitale. Quanto era bella Anita il giorno del loro matrimonio! Avrebbe potuto innamorarsi di lei mille volte e forse più, per il resto delle loro vite. Invece, un destino beffardo ed ingiusto li aveva separati troppo presto. Giorgio sente ancora una forte fitta al cuore, a quindici anni dal giorno in cui l’aveva salutata per sempre.

Sua figlia Carla gli aveva più volte proposto di andare a vivere da lei a Roma, anche se lui è perfettamente consapevole del fatto che suo genero non ne sarebbe stato felice: Giorgio non è affatto un tipo semplice da sopportare, se ne rende conto, e la convivenza con un altro uomo sarebbe stata parecchio spigolosa. Per questo motivo, aveva evitato di interpretare il ruolo del suocero invadente ed aveva ogni volta declinato la proposta di sua figlia. Peccato, gli sarebbe piaciuto vedere crescere suo nipote. Invece, data la distanza non ha occasione di giocare con Mattia ormai da quell’estate.

Chissà se a 3 anni il bambino sente già l’atmosfera del Natale: in questo caso, il loro appartamento sarà stato riempito dalla sua eccitazione e da decine di decorazioni a tema. Giorgio non è certo un romanticone, ma almeno sul Natale, Anita era riuscita a cambiarlo, tanto che Carla era cresciuta in una casa sempre riccamente addobbata sotto le feste.

Lo schermo dello Smartphone si spegne, un chiaro segno di come l’uomo che lo sta tenendo in mano viaggiava ormai da diversi minuti con la fantasia, lontano dall’immagine di sua moglie.

Di fronte ai suoi occhi, appare la silhouette di un piccolo alberello di plastica imbiancato per simulare la neve. Lo ha portato lui stesso ormai diversi giorni prima, un gesto istintivo che poco si sposa con le sfoglie superfici dell’ambiente circostante. Sarà a causa della turnazione del personale, oppure delle lunghe ore solitarie che hanno il potere di anestetizzare molti sentimenti umani, ma nessuno dei suoi colleghi ha mostrato l’intenzione di aggiungere altri segni della festività imminente. Solo lui, il vecchio brontolone, ha pensato di portare in quel luogo un timido simbolo del Natale.

Giorgio avvia sul telefono una recente serie spagnola di successo. In certe situazioni la giudica un po’ eccessiva, ma tutto sommato non gli dispiace, perciò riesci a seguirla con buona continuità. Reclina leggermente la sedia, le mani incrociate dietro la testa, le gambe goduriosa mente distese ad appoggiare i piedi sulla scrivania e si prepara ad una quarantina di minuti di intrattenimento.

Dopo pochi istanti si deve ricomporre: passa infatti la squadra delle pulizie. Giorgio saluta tutti ed augura ad ognuno un felice Natale. Cerca anche di regalare qualche battuta per allietare il momento, ma quelle persone devono essere particolarmente stanche e desiderose di tornarsene a casa, perché a parte qualche sorriso di circostanza, nessuno gli dà la soddisfazione di una risposta.

Ecco, ora è davvero solo, e lo resterà fino al mattino successivo quando arriverà il collega del turno di giorno. Sempre che si presenti.

È infatti già accaduto in passato che, a causa dei bagordi della vigilia e forse della poca voglia di lavorare nel giorno di Natale, la persona deputata a ricoprire quell’infelice posizione si fosse data per malata.

Giorgio non ne farebbe un dramma, ma certamente non perderebbe occasione per farla pagare al collega per i mesi a venire.

Tornato a godere della posizione di massimo relax, avvia nuovamente la serie TV sullo smartphone e cerca di disattivare il cervello. Senti infatti dentro di sé una crescente malinconia.

Vorrebbe avere la sua famiglia accanto a sé. Non il mattino successivo, ma in quel preciso istante.

Vorrebbe poter riabbracciare sua moglie, sentire la sua voce e la sua timida risata, accarezzarle i capelli e sentire quel profumo che tanto le piaceva, e che inondava ogni stanza in cui passasse, unica eccezione al suo bisogno di non farsi mai notare.

Vorrebbe fare qualche dispetto al suo adorato nipotino. Magari insegnandogli un paio di termini in calabrese, giusto per far arrabbiare suo padre.

Un bambino è in grado con la sua sola presenza di rendere speciale il Natale, Giorgio lo sa perfettamente, perché da quando Carla è cresciuta ed ha perso buona parte della sua magia infantile, le festività non sono più state le stesse. Il nonno ha preparato un bel regalo, incartandolo con quelle mani troppo robuste per adattarsi ai lavori di fino. Ha portato quel pensiero con sé al lavoro, forse per creare un’illusione festiva più credibile. Lo ha tuttavia lasciato in macchina, affinché nessuno lo giudicasse per quel gesto così intimo e difficile da comprendere.

Una scena movimentata nella serie tv richiama la sua attenzione punto si rende così conto di essersi perso oltre venti minuti della puntata, immerso nei ricordi e nella nostalgia.

Ferma la riproduzione sullo smartphone, ed è in quel momento che si accorge delle lacrime che rigano copiose le sue guance.

Si sente in imbarazzo, ma per fortuna non c’è più nessuno che possa cogliere quel suo momento di debolezza.

All’improvviso, un vociare sommesso richiama la sua attenzione. Almeno due persone stanno per arrivare nei pressi dell’ingresso alla sua postazione confortevole ma solitaria. Chi può essere a quell’ora?

Difficilmente si tratta di malintenzionati: date le dimensioni degli edifici nel complesso, potrebbero tranquillamente cercare di entrare dalle vie laterali.

Forse qualche dipendente che ha dimenticato qualcosa di importante prima delle ferie. Ma chi tornerebbe a quell’ora nella notte della vigilia, quando potrebbe tranquillamente rimediare il mattino successivo?

I sensi di Giorgio sono in allerta, data la stranezza della situazione. Proprio a lui doveva capitare, e soprattutto in un momento così delicato?

Quando gli ospiti inattesi si materializzano, l’uomo capisce di non avere proprio nulla da temere. Al contrario.

«Papà, sorpresa!»

Giorgio resta per qualche istante a bocca aperta.

«Carla, cosa ci fate qui?»

La donna che entra raggiante in reception, seguita dopo pochi istanti dal marito con in braccio il figlio addormentato, non tarda ad offrire una spiegazione per quella splendida sorpresa.

«Siamo arrivati in treno questo pomeriggio in stazione centrale. Abbiamo prenotato una stanza in un albergo vicino casa nostra, hai presente quello che si affaccia sulla piazza del comune? Dopo aver mangiato una cosa al volo, abbiamo portato Mattia al cinema ed infine siamo andati alla messa di mezzanotte. Insomma, è stato un pomeriggio piuttosto movimentato, ma ne è valsa la pena. Sei contento di vederci?»

Giorgio è commosso, ma difficilmente le emozioni positive lo spingono fino alle lacrime. Deve tuttavia schiarirsi la voce prima di ringraziare la figlia per aver fatto tanta strada per lui.

L’uomo si ritrova pochi minuti dopo di nuovo comodamente seduto sulla sua sedia, ma questa volta tiene in braccio il nipote beatamente addormentato. La serenità giunge finalmente a lenire le sue ferite interiori.

«Papà, questo è pane e nduja? Non avevi promesso a me e soprattutto al cardiologo di metterti a dieta?»

«Carla, che dici, non vedi che ci sono pure i peperoni? I peperoni sono verdure!»

La figlia evita di fare la paternale al padre. È la vigilia di Natale e non vuole certo rovinare la bella atmosfera che si è istintivamente creata. Si fa una risata e dà un generoso morso al panino, solo per la soddisfazione di togliere un po’ di salume dallo stomaco di quell’uomo che avrebbe un urgente bisogno di riguardarsi. Prevedibilmente, Giorgio resta a bocca aperta, scoppiando anche lui in una fragorosa risata che finisce per svegliare il nipote.

«Nonno, ciao!»

L’abbraccio di Mattia scioglie definitamente il cuore dell’uomo. Le due persone così distanti per età si fondono in un unico essere, come se fossero legati fin dalla nascita del più giovane.

Poco più tardi, i tre nuovi arrivati si congedano per fare ritorno in albergo.

Giorgio, rimasto nuovamente solo, è ora sereno e sorridente. Quasi quasi potrebbe davvero considerare l’idea di trasferirsi da sua figlia a Roma.

Comodamente disteso sulla sedia, le gambe allungate sulla scrivania, lo smartphone nuovamente sintonizzato sulla serie spagnola, l’uomo si sente di nuovo sereno e completo. Sa che il giorno successivo sarà davvero Natale, per lui e per la sua famiglia. Al futuro penserà dal giorno successivo, per il momento può bastare per guardare con ottimismo al suo futuro.

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Racconti brevi

Mauro

Mauro regola il volume dell’autoradio sul livello 20. Perfetto per sentire tanto i conduttori quanto la musica, senza rischiare i timpani ad ogni stacco pubblicitario.

È una bella giornata di sole, le poche nuvole che s’intravedono non sono in grado di rovinare la piacevolezza della temperatura di fine settembre.

Giunto all’unico semaforo lungo il suo percorso, l’uomo svolta come di consueto a destra. Sa perfettamente che scegliendo di proseguire dritto impiegherebbe meno tempo, tuttavia porta ancora dentro di sé il ricordo dell’incidente a cui aveva assistito oltre un anno prima, nei pressi della rotonda successiva. Il suo istinto lo tiene lontano da quel luogo.

Rallenta l’andatura mentre si avvicina alla meta, perché potrebbero esserci studenti nei pressi della scuola elementare che compare alla sua destra.

Finalmente, il suo supermercato preferito si manifesta di fronte ai suoi occhi.

Mauro abbassa il volume della radio per non disturbare altre persone nel parcheggio, quindi aziona la freccia e si prepara a svoltare. Guarda lo specchietto retrovisore, mentre inumidisce leggermente l’indice della mano sinistra e con questo sistema le sopracciglia, mai del tutto in ordine.

Torna a guardare la strada, pregustando la passeggiata tra i profumi della gastronomia e le tentazioni racchiuse nei frigoriferi.          

Un automobilista evidentemente affetto da rabbia stradale arriva dietro di lui lungo la corsia di svolta, suonando il clacson per intimargli di darsi una mossa. Mauro non gli dà la soddisfazione di abbassarsi al suo livello. Toglie con tutta la calma possibile il piede dal freno e fa il suo ingresso nel parcheggio, lasciando che il suo pedinatore lo superi e vada furiosamente ad interrompere la corsa nelle immediate vicinanze dell’entrata.

Lui dirige l’automobile da tutt’altra parte, ossia verso il suo solito posto.

Da quando, ormai tre anni e mezzo prima, quel negozio ha cambiato gestione ed è passato sotto la catena che Mauro predilige, non c’è stata una sola occasione in cui l’uomo abbia parcheggiato in un’altra posizione rispetto a quella. Pioggia, neve o sole canicolare non lo hanno mai fermato, nonostante quel luogo si trovi piuttosto lontano rispetto all’ingresso. Il confort di sentire proprio quel rettangolo di asfalto non è paragonabile al minimo disagio offerto da una passeggiata sotto condizioni atmosferiche poco amichevoli.

Mentre la sua auto attraversa le vie interne che lo porteranno alla meta, sorride al pensiero di quando alcune settimane prima ha visto uno scoiattolo rosicchiare una ghianda all’ombra della piccola pianta che campeggia nell’aiuola poco distante. Ad ogni occasione successiva ha sperato di incontrare nuovamente il suo piccolo amico. Nonostante non sia mai accaduto, quel sorriso benaugurante ha sempre fatto capolino sulle sue labbra esattamente tre traverse prima del suo posto preferito. Chissà che questa non sia la volta buona.

Mauro trattiene inconsciamente il respiro, allungando leggermente il collo verso sinistra per anticipare la visione occultata da un’altra auto. Una macchia blu si intromette fra lui e l’atteso asfalto. Cosa diamine succede?

Non è possibile. Deve esserci sicuramente un errore.

Un’utilitaria, peraltro piuttosto vecchia e malridotta, sta occupando indebitamente il suo posto. Chi si crede di essere?

L’uomo si guarda intorno per capire se qualche disgraziato gli stia combinando uno scherzo di cattivo gusto, ma non c’è nessuno in vista, né l’ombra di una telecamera occultata.

Parcheggia a tre posti di distanza dalla sua meta, così vicina eppure così distante. Lo sguardo nel vuoto, le mani serrate sul volante, non riesce a capire come possa uscire da una situazione tanto fastidiosa ed anomala. Le loro sono le uniche due automobili in quell’ultima fila del parcheggio, che da sola ospita almeno ventiquattro posti: è una coincidenza davvero assurda ed al limite del paranormale.

Dopo alcuni lunghi ed interminabili minuti, durante i quali Mauro ha valutato l’ipotesi di far annunciare dall’interfono del supermercato la necessità di spostare l’utilitaria blu, una donna si avvicina a piedi. Lui l’ha vista di sfuggita dallo specchietto retrovisore, prima di spostare su di lei tutta la sua attenzione quando ha capito che quasi certamente si tratta della parcheggiatrice abusiva.

La donna, abbigliata come una vecchia e pacchiana abat-jour, aziona l’apertura centralizzata per avere accesso alla sua portiera. Strano, non ha con sé sacchetti della spesa né un carrello: evidentemente non ha trovato quello che cercava. Non poteva che essere una svampita.

Il cuore che batte all’impazzata, Mauro pregusta il momento in cui potrà riprendersi il maltolto. Quasi quasi potrebbe lasciarsi andare ad una strombazzata di clacson polemica, perché all’usurpatrice sia chiaro che non dovrà più permettersi un affronto simile.

Fermi tutti: cosa succede? Il paralume ha richiuso la macchina e sta tornando verso il negozio!

Il finestrino dell’uomo si abbassa alla velocità della luce.

«Scusi, pensavo stesse andando via: ne ha ancora per molto?»

La donna si guarda intorno, non capendo se quello strano personaggio si stia rivolgendo proprio a lei: «Dice a me?»

«Sì, volevo saperlo per parcheggiare. Preferirei lasciare l’auto dove l’ha messa lei.»

Confessare quella debolezza gli è costato parecchio in termini di energie emotive, ma per contro è certo che la naturale empatia che è in grado di scatenare nelle persone lo aiuterà a raggiungere anche quell’obiettivo.

Sorprendentemente, la donna si guarda intorno, valutando la quantità notevole di posti liberi a disposizione: «Mi sta prendendo in giro?»

Mauro inizia a sudare, mentre le pulsazioni salgono ulteriormente di frequenza: «No, perché?»

L’abat-jour si volta in direzione del supermercato, non degnando più l’uomo di una risposta. Sottolinea il suo fastidio alzando una mano in un chiaro tentativo di mandarlo al diavolo.

Fallimento su tutta la linea.

E adesso?

Mauro attende qualche minuto. La presa sul volante si è indebolita, lo sguardo abbassato.

Il finestrino si rialza, mentre l’uomo si decide ad abbandonare il veicolo per dedicarsi alla spesa.

Entra nel supermercato, constatando tuttavia quanto l’accaduto abbia completamente rovinato il piacere che abitualmente prova nel fare acquisti.

Indossa i guanti monouso. Si avvicina ai pomodori. Inizia a tastarli per saggiarne la consistenza, ma quando vede un anziano signore passare di fronte a lui, si sente osservato e molla la presa. Niente pomodori, meglio lasciar perdere piuttosto che rischiare di acquistare verdura guasta.

Arriva di fronte agli yogurt. Il solito grande dilemma. Un po’ di routine che può restituirgli il buonumore.

Sceglie quelli ai frutti rossi, sono di marca ed in offerta con un ottimo sconto. Nota tuttavia che scadranno molto a breve, non abbastanza per rischiare di non consumarli in tempo, ma in ogni caso non si fida. Li rimette a posto.

Prende quindi una confezione da due pezzi di yogurt al malto. Buonissimo, sente già il sapore che gli delizia il palato, così simile al caffè ma allo stesso tempo in una versione più cremosa. Però il dottore gli ha consigliato di assumere frutta in tutti i pasti, compresa la colazione. No, decisamente il malto non è frutta. Li rimette a posto.

Forse la pera è la scelta giusta. Ne prende addirittura due confezioni. Una volta riposte nel carrello, gli sfugge un sorriso di autocommiserazione: ma dove ha la testa? Lui detesta la pera! Li rimette a posto.

Ecco, un ottimo yogurt all’albicocca fa proprio al caso suo.

«Scusi, signore: potrebbe smettere di aprire e chiudere il frigorifero in continuazione? Il vetro è completamente coperto di condensa, ed in ogni caso non fa bene né al motore, né ai prodotti.»

Una scaffalista lo ha rimproverato per il suo valzer dello yogurt. Mai successo nella sua vita, nemmeno quando da bambino combinava qualche monellata.

Offeso dalla mancanza di rispetto per un cliente, Mauro prosegue oltre.

Arriva alla corsia della pasta. Prende le sue solite mezze maniche. Dieci confezioni, come sempre. Cinque le regalerà alla colletta alimentare, tre le porterà a sua madre perché le cucini anche per i nipoti, mentre le ultime due rimarranno a lui. Ecco fatto: sette, otto…

Non è possibile.

Gli ultimi due pacchetti, proprio quelli che vorrebbe tenere per sé, gli sono caduti di mano finendo per aprirsi sul pavimento del supermercato.

La scaffalista di prima giunge a tormentarlo nuovamente, allontanandolo in modo sbrigativo: «Lasci, lasci, ci penso io.»

L’occhiata che la donna lancia all’indirizzo della collina di mezze maniche nel carrello è chiaramente dispregiativa. Ma perché quella maleducata non sa farsi i fatti suoi? Quale direttore di filiale assumerebbe una persona simile, sapendo che dovrà stare a contatto con i clienti?

Forte delle otto confezioni di pasta sane e salve, Mauro si dirige verso il banco dei salumi, pronto ad affidarsi alle sapienti mani del suo amico macellaio.

«Ettore, buongiorno!»

Una voce giunge dalla destra dello sventurato cliente: «Mi scusi, c’ero prima io.»

«Ho visto, non si preoccupi, stavo solo salutando il signore.»

Il ragazzo non degna Mauro di ulteriori attenzioni, tornando a rivolgersi al macellaio per chiedere una porzione di orribili cipolline in agrodolce.

Giunto il suo turno, l’uomo ha appena finito di combattere la nausea dovuta all’odore della pietanza scelta dal giovane dai pessimi gusti culinari.

«Ettore, mi daresti un etto di crudo? Magro, mi raccomando.»

Mauro accompagna il gesto con un sorriso ed una pacca sul suo stomaco, ad indicare che del grasso del prosciutto è meglio farne a meno.

Il macellaio non accoglie con la dovuta ed attesa cortesia la richiesta: «È sicuro? Oggi sono di fretta, se ha intenzione di chiedermi come sempre un altro etto una volta che lo avrò tolto dall’affettatrice, la avviso che dovrò passare ad un altro cliente.»

Sorpreso e sconfortato dalla scortesia dilagante, Mauro accetta di abbandonare un altro piccolo vizio della sua spesa routinaria, ossia il piacere di decidere in corsa se accontentarsi di un solo etto di affettato o se, come accade ogni volta, concedersene un secondo. Non ha infatti comprato nulla per sé, deve necessariamente acquistare qualcosa da mettere sotto ai denti.

«Due etti, per favore.»

L’uomo non può fare a meno di notare la quantità di grasso che finisce nel suo pacchetto, e che si ritroverà a scartare una volta a casa. Non è proprio la sua giornata.

Giunge infine alla cassa, il carrello semivuoto e l’umore a terra. Se non altro, spenderà poco.

Quasi senza accorgersene arriva il suo turno di pagare. Solitamente avrebbe disposto i separatori sul nastro trasportatore, prima e dopo i suoi acquisti, accertandosi che fossero perfettamente perpendicolari alle pareti della corsia. Quel giorno ha ormai perso il sentimento.

Mostra pigramente alla cassiera l’applicazione sul telefono con la card del supermercato: «Mi scusi, ecco la tessera.»

«Mi dispiace, ormai ho chiuso il conto.»

Mauro resta inebetito, lo smartphone a mezz’aria. Non riesce più a formulare un pensiero razionale che lo guidi fuori da una situazione di continuo disagio.

«Signore, dovrebbe pagare, ci sono altri clienti in coda.»

L’uomo si risveglia dal torpore. Cerca in tasca quanto gli serve, ma non trova nulla. Altra situazione mai accaduta prima.

«Ho lasciato a casa il portafoglio. Mi terrebbe da parte la spesa? Torno entro una decina di minuti.»

«Purtroppo non posso, non ho spazio in cassa. Devo far rimettere gli articoli a posto.»

«In che senso, scusi? C’è anche dell’affettato, non vorrete buttarlo via.»

«Non si preoccupi, ci pensiamo noi. Ora le devo chiedere di liberare lo spazio per gli altri clienti.»

Gli sguardi ed il brusio delle persone in attesa non necessitano di analisi più attente: l’umore generale sta virando al peggio.

Mauro prende le sue cose, ossia il carrello completamente vuoto con la moneta di plastica con cui lo ha sbloccato, e se ne torna verso l’automobile.

L’utilitaria blu è ancora al suo amato posto. Un velo di profonda tristezza si addensa sopra di lui.

Si siede al posto di guida, appoggiandosi al volante e lasciandosi andare ad un pianto di pura frustrazione. Perché sembra che tutti abbiano un conto in sospeso con lui? Quando mai ha fatto del male a qualcuno?

Gli occhi annebbiati dalle lacrime, alza lo sguardo di fronte a sé.

È in quel momento che Mauro scorge una piccola figura sul cofano.

«Ma… sei proprio tu?»

Lo scoiattolo è tornato a farsi vivo. Sta gustando una ghianda proprio davanti a lui, guardandolo con estrema naturalezza e tranquillità.

Mauro scende lentamente dall’auto, certo che l’animaletto se ne andrà. Con suo grande stupore, invece, non dà cenno di voler fuggire.

L’uomo sorride, rasserenato in un momento di odiosa solitudine da quella compagnia imprevista.

«Ma che meraviglia!»

Parlando sottovoce, la donna – paralume si è avvicinata a Mauro per godersi lo spettacolo della natura.

Lui si sforza di condividere il momento: «Sa, deve avere la tana qui vicino, perché non è la prima volta che lo vedo.»

«Capisco perché quel posto era così speciale. Mi dispiace di averla trattata freddamente, pensavo volesse solo pendermi in giro.»

Mauro sorride, rassegnato ma al tempo stesso alleggerito nell’animo da quella spruzzata di empatia: «Non si preoccupi, oggi non è la mia giornata.»

«Eppure, guardi che bel regalo le ha fatto il destino.»

L’uomo contempla nuovamente il piccolo amico sul cofano: «Ha proprio ragione. Non la trattengo oltre, avrà dei prodotti da mettere in frigorifero.»

«Non c’è problema, possono aspettare per il tempo di un caffè. Le va?»