Glabro cerca di aprire gli occhi, ma una luce innaturalmente intensa sembra contrastare il movimento delle sue palpebre.
Per rendere la sua sofferenza ancora più vivida, la testa prende a pulsargli con violenza.
Si sente chiamare. Più che una voce, è un alito di fiato sfuggito ad una bocca sottoposta alla sua stessa difficoltà.
Riconosce l’agonia di Totano, il suo migliore amico.
<<Oh, To’, stai male anche tu?>>
<<Se’, Gla’, non puoi capire. Ma cosa ci facciamo qui?>>
<<Qui dove?>>
È comprensibilmente convinto di essersi svegliato nel letto della sua casa mobile, nel villaggio vacanze in cui stanno soggiornando, perciò Glabro si affretta ad aprire gli occhi, scoprendo una realtà del tutto inaspettata.
La sua vista si fa largo tra i raggi del sole, finché non mette a fuoco il mare intorno a loro.
Guarda sotto di sé, dove scopre di essere sdraiato su di un materassino, largo appena a sufficienza per contenerlo e di un colore rosa confetto molto femminile. Il disegno di un noto personaggio dell’universo consumistico in corrispondenza della sua testa rende evidente quanto poco adatto a lui fosse in origine quello strumento.
Lo spavento dovuto all’essersi ritrovato in mezzo al mare, senza una vera idea di come possa esserci arrivato, lo porta quasi a ribaltarsi in acqua.
Capisce poi che non si tratterebbe di un ulteriore shock, anzi, sente il forte bisogno di un bagno rigenerante. Si lascia pertanto scivolare in mare, dove il contrasto di temperatura gli restituisce subito energie sufficienti a consentirgli di tentare di elaborare la situazione.
Totano, inizialmente atterrito dall’iniziativa dell’amico, ne coglie tutta l’importanza e lo imita.
<<Toh, il mio materassino è viola.>>
Un altro logo facilmente riconoscibile fa loro capire che, qualsiasi cosa sia successa la sera prima, in quel momento nei dintorni ci sono due bambine tristi per la scomparsa di due oggetti di loro proprietà.
In ammollo con le braccia sui rispettivi salvagenti, i due amici si guardano disperatamente in faccia, sperando in una reciproca illuminazione.
<<Tu cosa ricordi?>>, chiede alla fine Totano.
Glabro riflette qualche istante, ma le fitte alla testa…
<<Giusto, la testa!>>
Si passa una mano sulla nuca, distinguendo chiaramente un bernoccolo. Ricorda di aver subito un colpo, ma come e da chi sono domande troppo complesse per sperare in una rapida risposta.
<<Aspetta un secondo, >> gli fa eco Totano, <<io ho un dolore assurdo ad uno stinco.>>
La soluzione più semplice, ossia un calcio in testa da parte dell’uno all’altro, viene rapidamente scartata. Non hanno infatti la sensazione di avere litigato, anzi: percepiscono di avere vissuto momenti in grado di averli fatti sentire ancora più uniti nelle difficoltà.
Un faro si fa largo nella nebbia della mente di Totano.
<<Uè, pirla!>>
<<Uè, pirla!>> Ripete istintivamente Glabro.
Percepisce l’importanza di quelle semplici parole, perché la verità si sta avvicinando.
Una mano sulla testa tonda e liscia che ha originato il suo soprannome, Totano si sforza di dare un volto a quei versi così milanesi.
All’improvviso, compare davanti ai suoi occhi un cappellino grigio in testa ad un uomo alto e magro, lo sguardo arcigno, un velo di barba disordinato ed una voce arrochita dal fumo.
Descrive la figura all’amico.
<<Non c’era anche un altro tizio, palestrato e super abbronzato?>>, risponde Glabro.
<<Non c’era? Dove?>>
<<Non lo so, ma mi sembra che quei due si muovessero in coppia.>>
<<Giusto, nella pineta accanto alla spiaggia.>>
<<La pineta!>>, urlano all’unisono. Se c’è una possibilità di dare un senso all’accaduto, quel luogo può contenere le risposte che cercano.
Iniziano a nuotare di buona lena, finché non si accorgono di essere sopra ad una secca, che permette loro di riprendere fiato. Decisamente non sono pronti per un simile sforzo.
Riprendono una nuotata moderata, raggiungendo la riva quando i primi turisti agostani stanno iniziando a popolare la spiaggia abruzzese in cui sono in vacanza. Evidentemente deve essere passata da non molto l’alba.
Raggiunta la riva, due padri furibondi li assalgono con insulti e minacce fisiche. Devono essere i proprietari dei materassini, alla ricerca del maltolto prima che le rispettive figlie si sveglino.
Totano tenta un approccio chiarificatore, ma in realtà non riesce al contempo ad abbassare il livello di tensione.
<<Scusate, potreste dirci dove li avevate lasciati ieri sera?>>
Le allusioni volgari con cui le due vittime del furto rispondono lasciano intendere una scarsa volontà di fornire gli indizi che i due ragazzi tanto affannosamente bramano.
Lasciati i materassini ai legittimi proprietari, Glabro e Totano si spostano tra le piante.
Qui camminano per alcuni minuti, finché trovano un ramo un po’ più dritto e robusto degli altri abbandonato di fianco ad un pino.
Istintivamente, Glabro sente una fitta dietro alla testa, mentre Totano si protegge lo stinco dolorante.
Il socio del milanese e quel bastone sono decisamente collegati, così come quel luogo. Da lì partono anche due coppie di solchi nella sabbia, come se due persone fossero state trascinate. Forse dopo essere state tramortite con dei colpi ben assestati. Per poi venire spinti al largo su due materassini, che per fortuna si sono blandamente adagiati sulla secca.
La verità si è finalmente manifestata.
Glabro è sconvolto: <<Cosa abbiamo fatto per meritarci una punizione del genere?>>
I sapori e gli odori che si mescolano tra bocca e narici smuovono qualcosa in Totano.
<<Abbiamo fumato ieri sera?>>
<<Certo, ma niente di illegale.>>
<<Per quello che ne sappiamo. E se non fosse stato così?>>
Cos’hanno combinato i due amici, in preda agli effetti di droghe inconsapevolmente illegali, vendute in un angolo della pineta da un ragazzo sconosciuto e mai visto prima nei dieci giorni di vacanza già trascorsi?
<<Forse non è stata una grande idea, penso volesse solo liberarsi di quella roba.>>
<<Dici?>>, risponde con ironia Totano, che sembra essersi ripreso più rapidamente.
Camminando a casaccio, i due si avvicinano senza accorgersene al ristorante nella pineta che hanno più volte frequentato in quei giorni.
Un cameriere appena arrivato per iniziare a preparare il turno del pranzo li riconosce.
<<Ehi, voi due, avete un bel coraggio a farvi vedere da queste parti!>>
Glabro risponde con sollievo: <<Finalmente! Ci spieghi cos’è successo? Ci hanno venduto droghe pesanti con l’inganno e non ricordiamo assolutamente niente.>>
Il cameriere impiega qualche istante per capire se il ragazzo lo stia prendendo in giro o se parli seriamente.
<<Siete venuti qui a cena, ma continuavate a ridere. Stavate dando fastidio agli altri tavoli, così vi abbiamo chiesto di smettere. Vi siete dati una calmata, ma quando avete iniziato a puntare un signore milanese vicino a voi, questo ed il suo amico non l’hanno presa bene. Vi hanno portato via di peso, dicendo che avrebbero pagato anche per voi. Quei due non mi sono mai piaciuti, ma sono dei buoni clienti. Spero che non abbiate passato guai. A proposito, eccoli.>>
Il milanese ed il socio passano vicino al ristorante, un grosso sacco della pattumiera sulle spalle del più abbronzato dei due. Si accorgono con sguardo truce delle tre persone che li osservano.
I due giovani, terrorizzati, si danno alla fuga urlando, mentre nelle loro teste risuona il ricordo di una voce con chiaro accento milanese.
<<Uè, pirla, se non hai capito che state scherzando con il fuoco, tu e il tuo amico lo imparerete presto. Diventerete cibo per pesci, capito?>>
Inutile dire che i ragazzi non torneranno mai in quel ristorante, né si fideranno più di qualche disperato incontrato in pineta.
Guardandosi negli occhi, quando si sentono sufficientemente lontani, non possono fare altro che dare ragione al milanese: si sentono proprio due pirla.
Una notte imprevedibile
