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Racconti brevi

Dimenticare Momo

Jenny stuzzicò distrattamente il piercing al sopracciglio destro. Lo aveva da così tanto tempo che quasi non ci faceva più caso.
Sullo smartphone scorrevano post che non riuscivano a fare breccia tra i suoi pensieri, ma non per questo le veniva voglia di condividere con il mondo la sofferenza che stava affrontando: molti l’avrebbero ritenuta banale, così poco interessante da far venire loro voglia di deriderla, come si usa al giorno d’oggi.
Non aveva bisogno di aggiungere altra rabbia e malumore alla sua giornata.

Decise che era giunto il momento.

Sul telefonino avviò per l’ennesima volta Snuff degli Slipknot, una ballad malinconica sulla fine di una storia d’amore. Non aveva mai trovato un brano che riuscisse a capirla così a fondo, soprattutto in quelle ultime parole che Corey Taylor ripeteva con la sua voce graffiante: Se ti importa ancora, non farmelo mai sapere.

Era esattamente ciò che pensava: se in quel momento Momo stava ancora pensando a lei, Jenny aveva bisogno di restarne all’oscuro, poiché temeva che nonostante tutto, i suoi sentimenti per lui l’avrebbero costretta a perdonarlo, cascandoci di nuovo, per poi trovarsi a soffrire ancora e ancora.

Perché di una cosa era certa: lui non sarebbe mai cambiato, né per lei, né per nessun’altra.

La canzone le strappò come ogni volta alcune lacrime. Erano sempre di meno ad ogni occasione, Ma ciò non significava che lei stesse meglio. Più semplicemente, era un chiaro segno che avrebbe dovuto cercare altri modi per elaborare le sue ferite interiori.

Sua madre bussò alla porta per avvisarla che la cena era in tavola. La donna sapeva già che Jenny non le avrebbe risposto, ma era suo dovere quantomeno tentare, sperando che il giorno in cui quella porta si sarebbe riaperta spontaneamente arrivasse presto.

La ragazza fece come sempre finta di non sentire.

Una conseguenza di questo stato emotivo era una marcata passività verso il mondo esterno. Da quando aveva concluso due mesi prima un contratto come barista in un pub della cittadina in cui viveva, era perciò rimasta senza un impiego. Apri distrattamente un’applicazione che elencava gli annunci di lavoro nella sua zona, più per abitudine e per dare un contentino ai suoi genitori che per l’effettivo desiderio di tornare a misurarsi con qualche datore di lavoro geloso dei suoi quattro spicci, oppure con dei colleghi freddi e dispettosi, impegnati ad evidenziare la loro superiorità professionale.

Un’inserzione sponsorizzata attirò la sua parte cosciente. Veniva ricercato un profilo che non c’entrava nulla con il suo, e la zona era totalmente distante da quella in cui lei viveva: che razza di indicizzazione veniva fatta per far comparire quegli annunci a pagamento sul profilo degli utenti?

Si sforzó di approfondire, giusto per capire se in fin dei conti ci fosse qualche aspetto parzialmente coerente con il suo curriculum.

“Cercasi ragazza predisposta al sacrificio per aiutare la titolare di un’azienda agricola biologica nelle principali attività. Si richiedono buona volontà, disponibilità immediata ed a trasferirsi presso l’azienda per tre mesi, amore per la natura e pazienza. Si offrono vitto, alloggio ed un rimborso spese commisurato ai risultati dell’attività.”

Davvero singolare. Forse addirittura illegale: nessuna retribuzione effettiva, ma solo un possibile rimborso spese? Magari lo stipendio sarebbe stato formalmente equiparato al valore dell’affitto di una stanza e dei pasti, ma certamente era tutto molto strano.

Jenny dovette tuttavia ammettere che l’idea di quella fuga la intrigava parecchio. Per tre mesi, nulla che le ricordasse Momo o la sua incapacità di passare oltre.

La location, poi, esercitava su di lei un’attrattiva particolare, poiché le ricordava le vacanze di famiglia di un tempo: era in Val di Fassa, a circa milleduecento metri d’altezza.

Quell’opportunità sembrava costruita di proposito per darle un’occasione di rivincita.

Non perse un ulteriore istante: inviò immediatamente la sua candidatura, per poi pentirsene qualche minuto più tardi. Per compiere un salto simile bisogna essere pronti quantomeno per uscire dalla porta della camera da letto, per Jenny quel momento non era ancora giunto.

Eppure, prima o poi un calcio nel sedere sarebbe dovuto arrivare, affinché si decidesse a riprendere in mano la sua vita.

Quella spinta arrivò un paio d’ore più tardi, quando sorprendentemente la titolare dell’azienda la chiamò.

Jenny fu così sorpresa che tentennò per qualche secondo prima di premere il tasto verde sullo schermo. Poi, si disse che in fondo avrebbe sempre potuto rifiutare, ma non era mai una buona idea non rispondere dopo avere inviato un curriculum.

La voce all’altro capo della linea era cortese ed allegra, ma determinata. Voleva capire se la ragazza con cui stava parlando fosse solo alla ricerca di un posto in cui stare, oppure se sarebbe stata una valida aggiunta alla squadra al femminile.

La ragazza non volle nascondere nulla. Non era sufficientemente motiva per poter condurre un classico colloquio in cui avrebbe messo in luce solo i suoi punti di forza.

Spiegò pertanto di avere bisogno di una mano che la tirasse fuori da una situazione sentimentale che l’aveva fatta soffrire più del dovuto. Forse perché aveva scoperto il tradimento da parte del suo fidanzato in un momento in cui era certa che il loro amore sarebbe durato per sempre. Momo era stato davvero bravo, stordendola con attenzioni sempre più frequenti per guadagnare la sua fiducia pressoché incondizionata. Le era piaciuto a tal punto ritrovarsi circondata da un torrente di affetto, che spesso si chiedeva se non sarebbe riuscita a passare oltre alla sua infedeltà.

Quando si risvegliava dal torpore ed emergeva da quell’enorme senso di vuoto, capiva che in fondo non era quel ragazzo che stava cercando di riavere nella sua vita, ma le sensazioni che lui gli aveva regalato, figlie di una menzogna ordita da uno scontato doppiogiochista.

Durante la telefonata non spiegò ovviamente in dettaglio tutto quanto le era capitato, tuttavia fece trasparire la sua delusione ed il bisogno di ripartire lontano da casa, dalla famiglia e soprattutto dagli amici in comune con Momo.

«Benissimo. Ti senti pronta a regalarmi questa energia che stai tenendo dentro di te?»

Jenny sentì che dentro di lei qualcosa aveva iniziato a cambiare. La forza che aveva raccolto per confessare l’origine delle sue sofferenze era la dimostrazione di un inizio di ritorno alla vita esterna al suo inconscio.

«Sì, sono pronta. Posso venire in qualsiasi momento.»

E così fu. La sera successiva Jenny arrivò a Soraga, in provincia di Trento, a quasi trecento chilometri da casa.

I suoi genitori l’avevano salutata con un minimo di preoccupazione, ma anche con l’enorme sollievo di avere colto in lei un segno di ripresa.

Michela, giovane titolare che aveva solo sei anni più di lei, la accolse a braccia aperte. Per quella sera si limitò a condividere con lei la cena e ad aiutarla a prendere possesso della sua stanza.

Il mattino successivo fecero il giro dell’azienda. Visitarono le stalle, il caseificio, le arnie e infine l’orto, a cui Jenny avrebbe dovuto dedicare la maggiore attenzione. Era infatti l’area di attività che richiedeva minori conoscenze pregresse.

Per quanto riguardava il resto del personale, si trattava principalmente di manodopera stagionale, ma come la ragazza notò rapidamente non c’era nessuno che avesse come lei l’opportunità di risiedere direttamente nelle stanze del bed & breakfast, che avrebbe riaperto le porte il mese successivo dopo alcune settimane di pausa.

«Gli altri lavoratori sono più o meno gli stessi ormai da qualche anno, e vivono tutti in zona. Quando ho pubblicato l’annuncio stavo cercando qualcuno che avesse voglia di dedicarsi all’azienda in un altro modo, diciamo più profondo ed interiore: volevo che la vivesse giorno e notte come faccio io, affezionandosi a tutto ciò che le appartiene e contribuendo con nuove idee per migliorare. Tu hai l’età che avevo io quando ho iniziato, mentre completavo gli studi in agraria ed in attesa che i fondi regionali mi aiutassero a fare un salto di qualità. Spero che mi aiuterai a pensare fuori dagli schemi, come facevo io quando avevo il tempo di mettermi a riflettere.»

Jenny non si spaventò per quelle aspettative. Quando si sentiva emotivamente stabile, sapeva parlare senza peli sulla lingua. A seconda del responsabile con cui interagiva, quell’atteggiamento poteva essere visto come un pregio oppure un difetto. In quel caso, non c’era dubbio sul fatto che i suoi consigli sarebbero stati apprezzati. Doveva solo lasciare che gli ultimi residui di delusione e di malinconia scivolassero via lungo le vallate alpine, per tornare da Momo e condizionargli inconsapevolmente e negativamente l’esistenza.

I giorni iniziarono ad alternarsi alle notti dapprima con la naturale ed attesa successione, quindi sempre più rapidamente. Questo perché la nuova lavoratrice dell’azienda agricola si stava dando un gran da fare, e non solo per scacciare i cattivi pensieri: il passato le faceva sempre meno male, ed i sentimenti per quei luoghi erano progressivamente più forti.

Aveva anche assistito alla nascita di un vitellino, un’emozione così forte ed intima che le fece venire voglia di non staccarsi mai più da quella creatura.

Michela notava tutti i cambiamenti nella nuova arrivata, che poco per volta sembrava sempre più a suo agio, rapidamente autonoma e ricca di iniziativa. Certo, ogni tanto le sue buone intenzioni andavano incanalate nella giusta direzione, ma la titolare scoprì che non si trattava di una persona permalosa, nonostante i modi diretti e quell’ombra nell’anima che aveva mostrato al suo arrivo, ed a cui aveva fatto cenno durante il colloquio.

Le due ragazze impararono poco per volta ad apprezzare i rispettivi pregi ed a lavorare sui reciproci difetti per mantenere un rapporto sereno e positivo. Ci furono alcune discussioni, ma Jenny si rendeva subito conto di non avere conoscenze ed esperienza per controbattere, perciò faceva tesoro delle obiezioni che riceveva per crescere.

Una mattina, la più giovane tra le due uscì prima del solito nell’orto. Sapeva infatti che probabilmente Michela non sarebbe stata molto in forma, quel giorno, come aveva intuito dalla sera precedente.

La titolare si svegliò con fastidio. Avrebbe voluto dormire un altro secolo o due, ma non poteva permetterselo. Uscì pertanto dalle coperte e si avvicinò alla finestra. Spalancata la persiana, guardò fuori e vide la sua giovane assistente concentrata sull’attività che stava svolgendo. Colse un piccolo sorriso di cui la ragazza probabilmente non si era nemmeno resa conto. La luce del tiepido sole illuminò quel volto finalmente sereno, rendendolo ancora più radioso.

Il cuore di Michela perse un paio di battiti.

Cosa le stava accadendo? Non era davvero il caso di complicare il loro rapporto professionale.

Michela si affrettò a buttarsi sotto la doccia. Dopo una rapida colazione, uscì a controllare che fosse tutto sotto controllo.

«Ti sei alzata. Come stai?»

Di nuovo quel sorriso. Da vicino era ancora più doloroso.

«Meglio, grazie, anche se ancora non sono al cento per cento. Tu, invece?»

«Benissimo! Adesso vado alla stalla, ma prima volevo finire di sistemare l’orto perché ieri sera non sono riuscita ad anticipare il tramonto.»

«Ottimo! Sentiti libera di organizzarti come meglio credi. Io ne approfitterò per controllare un po’ di conti, ci vediamo fra un paio d’ore.»

Jenny si sorprese per quella ritirata immediata da parte di Michela, ma in fondo si vedeva sul suo volto che avrebbe avuto ancora bisogno di riposo.

La giovane ebbe la tentazione di entrare con lei e darle una mano, per verificare che non si stesse sforzando troppo anche solo per costringersi a restare in piedi.

Quel giorno, il loro rapporto sembrava invertito. A Jenny non dispiaceva, era una sorta di prova di maturità.

Dovette ammettere con se stessa che Michela era davvero una bella persona, una titolare decisamente rara per modi, comprensione e voglia di condividere le conoscenze. Al suo fianco sarebbe cresciuta molto, anche se al termine del contratto mancava poco più di un mese, e non era affatto sicura che nel suo futuro ci sarebbe stato nuovamente un impiego in quel settore.

Verso mezzogiorno, Jenny rientrò e si mise istintivamente ai fornelli per preparare il pranzo. Michela era infatti ancora assorta nella contabilità.

La ragazza decise di sondare il terreno, anche per capire cosa la titolare si sentisse di mangiare: «Tutto bene?»

«Sì, devo dire che non ci sono grossi problemi di cui dobbiamo preoccuparci. Ordini e prenotazioni per il B&B sono già sufficienti per coprire la gran parte delle spese che ho stimato fino ad inizio autunno, anche oltre se non ci saranno forti grandinate.»

«Allora perché quel volto serio, se posso chiedere?»

Michela non si era resa conto di avere indossato un’espressione severa.

«Non saprei, forse ero concentrata.»

Il tono non ammetteva ulteriori domande. Jenny per un istante pensò di avere fatto qualcosa di sbagliato, ma poi si convinse che doveva essere anche quello un effetto del malessere.

«D’accordo, torno in cucina a preparare qualcosa di leggero.»

Dopo che se ne fu andata, Michela si sentì in colpa. Stava facendo trasparire una freddezza nei confronti della ragazza che aveva origine solo in lei stessa, ed in un sentimento che aveva realizzato solo quella mattina, in un raro momento di debolezza fisica ed emotiva.

Ebbe la tentazione di correre in cucina ed abbracciarla, ma poi si disse che non ne aveva alcun diritto.

Jenny tornò indietro per chiederle conferma su ciò che stava preparando per loro e per la squadra che stava lavorando nei campi. Trovò Michela piegata sulla scrivania, una timida lacrima che faceva capolino all’angolo dell’occhio destro.

«Cosa succede? Devo chiamare un’ambulanza?»

La titolare trasalì, rialzandosi rapidamente. Sorrise, sentendosi davvero sciocca.

«No, non ti preoccupare, altrimenti dovrei andare in ospedale una volta al mese. Sto bene, almeno fisicamente.»

«Ho fatto qualcosa di sbagliato? Se c’è qualcosa di cui vuoi parlare, sono qui. Lo hai fatto tu con me quando sono arrivata qui, voglio poter ricambiare se ne avrai bisogno.»

Michela non riuscì più a controllare corpo e mente.

Si alzò, voltandosi verso Jenny e lasciando parlare il cuore.

«Non voglio che tu te ne vada alla fine del contratto.»

Le lacrime che sgorgavano ora copiose rendevano quella frase poco comprensibile.

«D’accordo, se vuoi che mi fermi ancora ne sarò felice.»

«Ma forse non è il caso. Anzi, non è il caso che tu resti un giorno di più. Ti pagherò il tempo che rimane.»

«Michela, non sto più capendo nulla. Cosa è successo?»

La donna, provata dalle emozioni, faticò a rispondere: «Una cosa terribile.» Si prese qualche istante, prima di proseguire con poche, ma definitive parole: «Mi sono innamorata di te.»

Jenny restò pietrificata. Non aveva minimamente colto quei sentimenti nei suoi confronti, anche se la sintonia fra di loro era cresciuta con una rapidità incredibile.

Michela riprese: «Capisci perciò che non voglio metterti a disagio, perché sono sicura che non potrai mai ricambiare quello che provo.»

La più giovane cercò dentro di sé una risposta. Capì che per tanto tempo aveva cercato una figura maschile che colmasse il vuoto lasciato da suo padre, che se n’era andato quando era ancora una bambina. Gli uomini l’avevano solo delusa, mentre ciò che la legava a Michela dopo nemmeno due mesi di convivenza era immensamente più forte e naturale.

«Sei solo un’arrogante, lo sai? Chi ti da il diritto di rispondere al posto mio?»

Michela spalancò gli occhi di fronte a quelle parole così fuori dal personaggio della Jenny che conosceva: «Cosa vorresti dire?»

«Dico che sono io a decidere quali sentimenti posso ricambiare.»

La ragazza si avvicinò con passo deciso verso la donna di fronte a lei, baciandola con passione e senza esitazione. Era la sua prima volta, e non voleva lasciare che la titubanza dovuta a quelle sensazioni nuove rovinasse un momento tanto importante.

Trovò dentro di sé la conferma di non avere commesso un errore.

Dopo alcuni istanti, Jenny e Michela si guardarono negli occhi, scoppiando in una risata timida e complice.

«Cosa stiamo combinando?» Ebbe il coraggio di chiedere la titolare dell’attività che aveva fatto da sfondo all’inizio del loro rapporto.

La più giovane le scostò delicatamente una ciocca di cappelli dall’occhio destro: «Stiamo semplicemente cercando di capire chi siamo veramente.»

Parole mature, pronunciate da una ragazza che aveva già guardato con attenzione dentro sé stessa, e che per questo motivo in quel momento era riuscita con maggiore facilità a leggere le ragioni di un’evoluzione imprevedibile nella loro amicizia.

Qualche settimana più tardi, l’azienda agricola si preparò per riaprire il bed & breakfast come da programma. Invitarono una persona speciale per un’anteprima e per le prove generali.

«Mamma, benvenuta!»

La madre di Jenny aveva accettato più che volentieri l’invito. Qualche giorno di relax gratuito nelle valli trentine non capita certo a tutti.

La donna era rimasta sorpresa per la decisione della figlia di prolungare la sua permanenza lavorativa in quel luogo così diverso dalla cittadina in cui era cresciuta: pensava che si sarebbe trattato di una semplice fuga per ritrovare sé stessa, invece sembrava che avesse incontrato una nuova dimensione che le calzava a pennello.

Trascorsero alcune ore, prima che Jenny prendesse la madre da parte per parlarle.

«Cosa succede?»

«Tranquilla, non c’è nulla di cui tu ti debba preoccupare. Almeno spero!»

«Così non mi aiuti!»

Il sole stava lentamente calando dietro i monti. I colori esplosero in tutta la vallata, rendendo l’atmosfera unica.

La figlia prese le mani della madre tra le sue per creare un contatto più profondo.

«Quando sono venuta qui, l’ho fatto soprattutto per dimenticare le delusioni che mi impedivano di essere me stessa.»

«Lo so. L’ho capito, ed ho ammirato tanto il tuo coraggio.»

«Non mi aspettavo di riuscirci fino a questo punto. Quassù sono letteralmente rinata.»

«E’ vero, ti vedo più felice: quando sorridi, ti si illumina tutto il viso.»

«Non è tutto merito mio. C’è una persona che mi ha aiutato molto, e di cui… Mi sono innamorata.»

«E’ una bellissima cosa: perché me lo dici come se fosse una notizia così difficile da dare?»

Un respiro profondo, prima di scoprire se sua madre avrebbe accettato la verità: «Perché questa persona è Michela.»

La donna allargò leggermente gli occhi, sorpresa ma forse al tempo stesso preoccupata di non volere trasmettere disagio alla ragazza.

«Questo proprio non me lo aspettavo.»

«Nemmeno io, ma è capitato. Siamo insieme da quasi due mesi, e non c’è nulla che mi faccia pensare di avere preso una decisione affrettata o irrazionale.»

Silenzio.

«Bene, mamma: cosa ne pensi?»

«Penso che se tu sei felice, non ho niente da chiederti se non di farmela conoscere meglio. E penso anche che gli uomini hanno fatto del male ad entrambe, non per loro cattiveria, o forse non sempre, ma semplicemente perché non siamo state fortunate nel trovare persone che ci capissero e ci stessero accanto come avremmo meritato. Se questa ragazza ha avuto il merito di tirarti fuori da quella stanza e trasformarti nella creatura radiosa che vedo di fronte a me in questo momento, non posso fare altro che ringraziarla!»

Le due donne si abbracciarono, creando una sintonia che la depressione che aveva affrontato Jenny negli ultimi tempi a casa aveva fortemente raffreddato.

Una ragazza aveva toccato il fondo. Aveva rischiato di perdere tutta l’autostima, di pregiudicare il suo futuro lavorativo, sentimentale e la propria indipendenza, tutto per un farabutto che si era approfittato di lei.

Ora, grazie ad una coraggiosa mano che aveva teso verso il destino, si era fortunatamente ritrovata. Non solo, aveva incontrato ed accolto il suo futuro dove mai avrebbe pensato.