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Racconti brevi

Cat ed il bosco blu

Cat compie gli ultimi passi verso il suo obiettivo. E’ stata un’avventura molto faticosa, ma è giustamente soddisfatta ed orgogliosa di sé. Ammira la meraviglia, protagonista della sua destinazione: sapeva che avrebbe trovato qualcosa di imprevedibile, ma davvero non si sarebbe aspettata tanta bellezza.

Mentre il sole la riscalda, illuminandole lo sguardo già radioso per l’emozione, lei ripercorre nella mente i passi che l’hanno portata fino a lì.

Cat ha otto anni. Vive in una cittadina in cui la maggior parte degli adulti, compresi i suoi genitori, lavorano in una grande fabbrica che si trova a cinque minuti di macchina da casa sua.

«Lo stipendio è molto buono, e le case costano poco per chi lavora nell’azienda più importante della città», le avevano detto papà e mamma per giustificare l’abbandono del tranquillo paese in collina in cui era cresciuta.

Come se alla sua età possa contare più uno stipendio rispetto agli amici.

Sembra che nel suo nuovo quartiere si siano concentrati tutti gli antipatici ed i musoni del mondo. Cat è sempre stata molto socievole, ma non ha ancora trovato un solo vero amico.

E dire che ci ha provato, eccome. Ha costretto sua madre ad organizzare ben due feste ed un pigiama party con le compagne di scuola, nei soli sei mesi in cui hanno vissuto lì. Eppure, non è bastato, tutt’altro: ora a scuola, quando prende la parola durante l’intervallo, il commento generale è: «No, non un’altra delle tue feste!»

Si sono divertite, hanno mangiato e bevuto senza portare uno straccio di regalo (anche perché nessuna delle occasioni era per festeggiare il suo compleanno) e loro hanno il coraggio di lamentarsi? Antipatiche.

L’unica bambina con cui ha legato è Donny. Abita tre case più vicina alla fabbrica, è arrivata più o meno nel suo stesso periodo ed è nata in un’altra nazione. All’inizio non parlava benissimo la lingua di Cat, ed ha un carattere molto tranquillo, anche se pure a lei sembra che abbiano spento il pulsante della felicità. Ha sette anni, perciò frequenta ancora la seconda classe alla scuola primaria.

Hanno trascorso qualche pomeriggio insieme, approfittando del fatto che non sempre i genitori di entrambe le famiglie riescono a prendere i figli a scuola per tempo, perciò le mamme si mettono d’accordo perché una delle due pensi sia a Cat che a Donny.

Per un po’, la più grande delle due si è fatta l’idea che la più piccola fosse in effetti più un cucciolo che un’amica: è tranquilla, affettuosa e per ricevere attenzione fa tutto quello che le si dice. Poi sua madre le ha fatto notare che non è proprio una cosa carina da pensare, perciò Cat ha iniziato a considerare Donny come la sua unica vera compagna di giochi.

Un giorno, mentre stavano osservando dei curiosi insetti nel parco giochi vicino a casa loro, la più grande ha vissuto un momento di malinconia.

«Sai, dove vivevo prima c’erano un sacco di prati e di boschi. Mi mancano tantissimo gli alberi. Qualche volta riuscivo a vedere delle lepri, o gli scoiattoli. Oppure degli uccellini carinissimi. Qui l’unica cosa volante che si vede sono le zanzare.»

«Già, tante zanzare», conferma la più giovane mentre ne scaccia una con la mano.

«Non pensi mai che vorresti tornare alla tua vecchia casa?»

Donny riflette per qualche istante: «Avevo più amici, ma qui stiamo meglio. La casa è più bella, e i miei genitori non litigano quasi più, anche se sono sempre stanchi.»

Cat accetta il fatto che non per tutti quel cambiamento sia stato negativo, ma per lei lo è stato.

Suo padre, per cercare di consolarla, le porta spesso a casa dei regali. Purtroppo, la vede ormai così poco per via degli orari al lavoro che crede ancora che lei sia una bambina piccola, perciò la sua stanza si è a poco a poco riempita di bambole e giocattoli che non guarda più.

Sua madre è più presente, ma passa il tempo sui social con il telefono. Dice che deve creare una nuova rete di amicizie, così potranno iniziare ad uscire alla sera con altre famiglie e legare con nuove persone. In tutti quei mesi, però, al ristorante sono sempre andati da soli. Forse sua madre ha bisogno di qualche consiglio su come usare i social.

Per tutto questo, Cat si annoia da morire. Vorrebbe correre a perdifiato con altre ragazzine della sua età lungo le colline intorno al suo vecchio paese, allontanandosi quel tanto che basta dai genitori per poter parlare tra di loro senza che gli adulti sentano e commentino ogni parola. Poco per volta, sente che il suo modo di essere sta cambiando: non si sente più una bambina, anche se ogni tanto ha ancora bisogno di stare da sola per giocare con le bambole. Avrebbe bisogno di confrontarsi con altre persone della sua età, ma sono tutte davvero troppo fredde. Non c’entrano nulla con le amiche che si è purtroppo lasciata alle spalle.

I maschi sono diversi. Non la considerano, anche se tutti i grandi continuano a ripeterle che crescendo le cose cambieranno. Però, stando vicino a loro capisce che fanno attività più interessanti. Ogni tanto si inventano qualche avventura, giusto per dimostrare gli uni agli altri di essere i più forti, oppure i più coraggiosi. Cose da maschi, senza dubbio, ma un ragazzino deve pur trovare il modo per sfogarsi, immerso nel grigiore di una cittadina come la loro.

Cat pertanto ogni tanto finge di farsi i fatti suoi, sedendosi vicino a loro durante le pause tra le lezioni, oppure al parco.

Un giorno, sente uno di loro pronunciare parole che attirano la sua attenzione.

«Voi mi prendete in giro, ma me lo ha detto mio fratello, e mio fratello non dice mai bugie! Ve lo giuro, in quel bosco c’è un animale che non ha mai visto nessuno.»

Gli risponde prontamente Alberto, che si è scelto da solo come capoclasse, capogruppo dei maschi e probabilmente anche come futuro presidente del mondo: «Certo, e se nessuno lo ha mai visto, tuo fratello come fa a saperlo?»

«Intendo dire che non lo ha visto nessuno di quelli che lo scrivono sui libri, o che fanno le foto per internet!»

Un altro ragazzino si fa largo fra le risate dei compagni, evidentemente più incuriosito degli altri: «E dove sarebbe questo posto?»

«Hai presente che dopo la fabbrica c’è un villaggio abbandonato?»

Interviene Alberto, che non crede a questa storia ma vuole comunque mostrare di saperne più di tutti: «Mio padre mi ha spiegato che hanno mandato via le persone dopo che la fabbrica si è dovuta allargare.»

«Dopo il villaggio abbandonato, c’è un bosco. Nelle mappe non c’è scritto, ma sembra che ci sia uno stagno al centro del bosco, e qui c’è l’animale, ma nessuno sa che tipo di animale sia.»

Un ragazzino che non ha ancora avuto modo di parlare, trova la sua occasione per far ridere tutti: «Il cucciolo del mostro di Loch Ness!»

Nessuno purtroppo sa di cosa stia parlando, perciò il suo momento viene sprecato.

«Non è un mostro, è un animale bellissimo, ma tutti quelli che lo vedono, per proteggerlo mantengono il segreto. Così, nessuno sa niente, e come state facendo voi, i pochi che lo scoprono non ci credono.»

Cat ha sentito abbastanza. Vera o non vera, quella storia merita di diventare un’avventura.

La sera stessa, dopo cena, la ragazzina chiede alla madre di mostrarle sul telefono la mappa del villaggio abbandonato dopo la fabbrica. Scorrendola, Cat trova il bosco di cui parlava il suo compagno di classe. Parco del Bosco Blu?

«Mamma, che strano nome. Perché?»

La donna si documenta per qualche istante su internet.

«Sembra che tempo fa ci fosse uno stagno al centro del bosco. Niente di molto interessante, ma una leggenda di queste parti racconta che il pelo o le piume degli animali che andavano a bere lì, si colorasse di blu.»

«E’ colpa della fabbrica?»

«Fortunatamente no, piccola mia. La fabbrica oggi è sicura, e poi questa leggenda è molto più vecchia di quando l’azienda ha aperto in questa città.»

Nella mappa, non c’è traccia dello stagno.

Forse, il racconto del suo compagno è una storia che gira da sempre nella città, da quando era ancora un gruppo di paesi senza una fabbrica. La storia del Bosco Blu e del suo stagno che colora il pelo degli animali.

Cat sente il forte bisogno di scoprire cosa ci sia di vero. Deve fare qualcosa di speciale, perché vivere in quella città diventi un po’ più sopportabile. Nonostante tutto.

Il giorno dopo, chiede a sua mamma ed alla madre di Donny di accompagnarle a fare una gita al villaggio abbandonato. Scopre purtroppo che non si può, perché alcune case non sono più sicure.

«Nemmeno il bosco?»

«Il bosco è un altro discorso. Ti manca la nostra vecchia casa, piccola?»

«Sì, mamma, tanto.»

La madre di Cat sospira, e capisce che quella gita è importante per la sua bambina che si sta trasformando in una giovane donna, ma in un posto che ancora non riesce a chiamare casa.

«D’accordo. In questi giorni faccio il secondo turno, perciò io non posso portarvi, ma vedrò di convincere la mamma di Donny.»

Non è un’impresa difficile: la sua piccola amica ha pochi compagni di gioco esattamente come lei, ed i suoi genitori stravedono per Cat, perciò alla donna quei dieci minuti di strada per trascorrere un pomeriggio nella natura non sembrano affatto un sacrificio, nonostante una dura giornata di lavoro alle spalle.

Il giorno seguente alla richiesta, un bel pomeriggio di metà autunno accoglie le tre donne. Il sole non resterà ancora molto a fare loro compagnia, soprattutto perché si nasconderà presto dietro agli alberi del famoso Bosco Blu, ma la mamma di Donny non vuole trattenersi a lungo.

Quello che la donna certo non si aspetta, è che le due ragazzine partano presto all’avventura, mentre lei si rilassa su di una panchina vicino alle piante.

Cat ha aggiornato la sua amica la mattina a scuola, durante la pausa in mensa. Donny è sembrata entusiasta, anche se con i suoi modi così tranquilli. Non vogliono certo correre dei pericoli, ma non vedono l’ora di scoprire se ci sia qualcosa di vedo nella leggenda sentita dai maschi.

«Mamma, noi andiamo a vedere se ci sono gli scoiattoli. Non ci allontaniamo.»

Non è una bugia. Sono ragazze responsabili, non hanno intenzione di rischiare di perdersi in un luogo che non conoscono. Per evitare che l’entusiasmo le spinga troppo lontano, come delle giovani Pollicino lasciano delle briciole di brioche per terra per segnare il percorso.

Il bosco è piuttosto fitto. L’abbandono del villaggio ha lasciato i rami liberi di crescere, e l’autunno non li ha ancora spogliati del tutto. Inoltre, nel sottobosco ci sono piante in abbondanza, alcune ricche di spine dispettose. E’ probabile che lì dentro non passino adulti da parecchio tempo, perché avrebbero spezzato rami e lasciato impronte nel terreno umido, di cui non c’è traccia.

Di tanto in tanto Donny controlla che le briciole siano ancora al loro posto e si premura di chiamare la madre con qualche scusa, come “Che ore sono?”, oppure “Come si chiama l’albero con le foglie a forma di mano?”

Così, giusto per essere sicura di non essersi allontanata troppo.

La più giovane, intenta a guardarsi alle spalle per controllare che nessun animaletto le stia seguendo, urta improvvisamente contro l’amica, fermatasi all’improvviso.

«Donny, guarda.»

Cat tiene coraggiosamente in mano un piccolo bruco, raccolto da terra.

Donny spalanca la bocca, incredula: «Ma è blu!»

Ammirate, le due giovani non riescono a staccare gli occhi dall’insetto.

«Cat, è questo l’animale fantastico?»

«Non credo, deve essere qualcosa di più grande, ma c’è qualcosa di strano in questo bosco. Continuiamo.»

«Sì, ma fra poco farà buio: dobbiamo sbrigarci.»

Pur con tutte le attenzioni per non rischiare di perdersi o di inciampare sulle spine, le ragazze proseguono tra le piante. La più grande tra le due amiche non riesce ad accettare l’idea di tornare a casa a quel punto, con il dubbio che ci sia qualcosa di meraviglioso poco più avanti.

Una voce di donna giunge dalle loro spalle: «Donny, Cat, è ora: venite qui.»

«Cat, è mia mamma: dobbiamo andare.»

«Ancora un minuto. Te lo prometto, non la faremo arrabbiare.»

Continuando a lasciare le briciole, proseguono con sempre maggiore tensione, tirate in avanti dalla voglia di scoprire cosa ci sia di incredibile, ed indietro dal desiderio di non prendersi una sgridata dalla mamma di Donny.

«Bambine, è ora! Forza! La mamma di Cat ci aspetta!»

La voce della donna è un po’ più lontana di prima, e Donny inizia a preoccuparsi, tanto che si ferma tra i cespugli, mentre il buio sta sempre più coprendo ogni cosa intorno a loro.

«Cat, dobbiamo tornare.»

La più grande tra le amiche si rende conto che Donny comincia ad essere spaventata.

«Aspettami qui. Vedi quella fila di piante laggiù? Arrivo solo fino a lì.»

«Perché?»

«Perché è strano, è come se fossero tutte in fila intorno a qualcosa, come uno stagno.»

«Ok, ma fai in fretta.»

Mentre Donny cammina all’indietro per avvicinarsi un po’ di più alla mamma, Cat compie con il cuore in gola i venti passi che la separano da quella che sembra una radura circondata dagli alberi.

Arriva finalmente a destinazione, dove i suoi sforzi vengono ripagati.

«Non ci credo…»

Giunta alla sua meta, affaticata dalla camminata tra rovi e rami fitti, Cat sorride colma di gioia mentre il sole vicino al tramonto fa capolino illuminandole il volto.

E’ un luogo così bello da sembrare che sia finita su di un altro pianeta. Lo stagno al centro della radura sembra poco profondo, ma è molto largo, coperto da una leggera nebbiolina, le cui gocce illuminate sembrano polvere di fata.

Le libellule che volano sulla superficie, le rane che gracidano serenamente, perfino una coppia di meravigliosi ed imprevedibili fenicotteri: tutte le creature che riesce a vedere hanno sfumature bluastre. La leggenda è vera!

Cat fatica a tornare a concentrarsi sulla sua amica che la sta chiamando, completamente travolta dalla sorpresa. Per questo motivo, si spaventa quando una voce di uomo arriva alle sue orecchie.

«Bellissimo, non è vero?»

Uno strano signore, anziano e vestito con abiti molto consumati, una tuba rotta in testa ed un bastone ricavato da una pianta del bosco, è comparso non si sa da dove.

«Molto bello, ma tu chi sei?»

«Sono il custode del bosco. Sei stata coraggiosa ad arrivare fino a qui, ma devi stare molto attenta: sei in grado di tornare indietro?»

«Certo, io e la mia amica che è rimasta nel bosco abbiamo lasciato delle briciole per non perdere la strada.»

«Brave ragazze. Però, ho un grosso favore da chiederti.»

Cat è un po’ preoccupata, ma la richiesta non la sorprenderà, visto che di quel luogo nessuno sa nulla.

«Devi giurarmi con tutto il cuore che non parlerai mai del mio bosco e del suo stagno incantato. Se lo facessi, tempo poche ore e non ci sarebbe più nulla: gli animali verrebbero portati via per essere studiati, i turisti arriverebbero a sporcare e a distruggere la vegetazione. Sarebbe un disastro.»

Cat capisce perfettamente che quello sarebbe davvero il destino del bosco, se dovesse raccontare la sua avventura.

«Lo prometto, con tutto il cuore.»

Il custode e la ragazza si guardano per qualche istante negli occhi.

Cat sposta poi lo sguardo verso il luogo incantato, ammirandolo per mantenere nella sua memoria tutti i possibili dettagli e scoprendo ad ogni istante una nuova creatura blu, perfino uno scoiattolo intendo a rosicchiare una ghianda.

Con un ultimo sorriso, saluta il custode e torna dalla sua amica.

Donny è ansiosa di sapere cosa abbia visto la sua amica, raggiante: «Allora?»

Per un attimo, Cat rischia di cedere alla tentazione di raccontare tutto. Poi, il pensiero delle parole del custode la ferma.

«Niente di speciale, è solo un bosco molto bello. Forse la luce del sole in certi momenti fa diventare tutto blu.»

Donny non sembra molto convinta, ma non insiste. Le due ragazze tornano con passo spedito verso la madre della più giovane.

Alla fine, non stanno tardando poi di molto: la visita allo stagno è durata davvero poco. E’ un luogo incantato ed estremamente delicato, perciò il custode è intervenuto subito per difenderlo.

Nonostante i pochi istanti, il ricordo di quelle creature magicamente blu resterà con Cat a lungo. Non oserà più andare a disturbarle, ma quell’avventura la aiuterà a sentirsi un po’ più a casa nella sua nuova città, e a dare tutta sé stessa per essere di nuovo felice.

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Lucifero

Lucifero resta per qualche istante a bocca aperta. Ha inghiottito un insetto che lo stava infastidendo, ma il sapore che è divampato dentro di lui si è rivelato decisamente spiacevole.

Un bambino lo osserva senza capire la ragione del suo comportamento.

Il gatto se ne accorge e decide orgogliosamente di andarsene. Salta agilmente la recinzione del piccolo parco giochi di paese e riprende la sua strada.

In realtà, non ha una vera e propria direzione da seguire. Il suo istinto gli sta indicando i punti di riferimento a cui aggrapparsi, ma è abbastanza certo di non essere mai stato da quelle parti.

Il problema è nato alcune settimane prima, quando Giorgio, figlio non più giovane della sua padrona anziana e malata, ha deciso che curarsi di un gatto oltre che della salute della madre rappresentasse un impegno eccessivo.

Ha perciò attirato Lucifero in un trasportino, approfittando della sua attrazione fatale nei confronti dei bocconcini umidi di pollo.

Un’ora e mezza di miagolii sofferenti più tardi, il gatto ed il suo ricovero temporaneo si sono ritrovati in un bosco di montagna, luogo completamente sconosciuto e su cui di lì a poco è calato il sole.

Dopo un paio di giorni di paura e di stenti, Lucifero ha afferrato il coraggio a due zampe e si è messo in marcia verso quella che riteneva la direzione di casa.

Perché non c’è dubbio che la sua padrona abbia bisogno di lui.

Durante quei mesi di malattia, Lucifero aveva notato che l’anziana donna si animava quando vedeva il suo amato gatto avvicinarsi e ricoprirla di fusa. Lui aveva dovuto imparare, pur con rammarico, che lei non sopportava più che si acciambellasse sulle sue gambe. Cercava così ogni modo per stare a portata delle sue carezze senza esserle di peso.

Avevano insomma raggiunto un equilibrio perfetto, non fosse stato per la necessità di nutrirlo e di tenere la casa pulita. Un’incombenza a cui il figlio della signora non aveva più voluto provvedere.

Ora Lucifero, solo ma sempre meno impaurito dalla vita all’aria aperta, sta cercando con tutte le sue forze di ritrovare la via di casa per essere vicino a quella donna che aveva rappresentato tutto il suo mondo, sin da quando ne ha memoria. Non concepisce un futuro differente, deve tornare a quella villetta a schiera dalle mura delicatamente dipinte di rosa, con quel piccolo pezzo di giardino in cui lui si divertiva a rincorrere le farfalle in primavera, mentre la sua padrona rideva di gusto, seduta ad ammirarlo nel piacevole abbraccio dei raggi del sole.

Il gatto ha scoperto di sapersela cavare discretamente come cacciatore, perciò sente il bisogno di riposare dopo un pasto più abbondante del solito ed una mezza giornata di cammino.

Si mantiene il più possibile lontano dagli esseri umani, perché non vuole guai. Non ha vissuto esperienze particolarmente traumatiche con loro, tuttavia ha notato che non tutti sono amichevoli con la sua specie. Ha visto alcuni suoi simili cacciati in malo modo da persone apparentemente piacevoli, evidentemente infastidite senza apparente motivo. Meglio non correre rischi.

Non è però sempre possibile stare alla larga dall’uomo. Come dimostra il passaggio dal parco giochi di poco prima, ogni tanto non trova altro modo per seguire la sua direzione istintiva, che quello di attraversare un caseggiato.

Ora si è messo a dormire in un cespuglio. E’ vicino ad alcune case, ma non ha sentito odori pericolosi, perciò nel vicinato sembrano non esserci cani. Questa sicurezza lo spinge ad abbassare la guardia.

Dopo circa mezz’ora di riposo, alcuni ragazzini si accorgono di lui. Ridendo scioccamente sotto voce, si avvicinano silenziosamente a lui. Il più robusto del gruppo afferra Lucifero per la coda.

Il povero gatto si sveglia di soprassalto, estraendo istintivamente le unghie. Il mondo è sorprendentemente capovolto, e dalla sua prospettiva non riesce a capire cosa gli stia accadendo, finché non vede i ragazzini sghignazzanti di fronte ai suoi occhi.

«Ehi, Thomas, guarda che bel gatto nero che ho pescato. Gli facciamo fare un giro in bici?»

Lucifero, che deve il suo nome alla passione della sua padrone per il film di Cenerentola, e che con il predecessore a cartoni animati condivide il pelo bianco su pancia e zampe, ma non sulla punta della coda, non può ovviamente capire cosa stiano tramando quei giovani delinquenti. Sa comunque che non si tratta di nulla di buono, perciò si dimena come un forsennato per cercare di liberarsi dalla presa, sperando in tal modo di poter fuggire dalle loro grinfie.

La mano del ragazzo che lo trattiene per la coda è tuttavia troppo salda per potersi divincolare così facilmente.

«Gattaccio, vedi di darti una calmata. Goditi i tuoi ultimi minuti senza farti venire un colpo, altrimenti dobbiamo cercare qualche tuo fratello per divertirci.»

Con un paio di energici strattoni, il ragazzo scaccia via qualsiasi desiderio di fuga in Lucifero, che si appresta ad attendere il suo destino.

Mentre le risa dei giovani si fanno sempre più forti, il gruppo raggiunge alcune biciclette.

Uno dei delinquenti estrae dalla tasca una corda, sottile ma robusta. Perfetta per legare saldamente la zampa di un gatto ad una bicicletta.

«Claudio, tienimi fermo il gatto mentre lo lego, che se scappa mi sono preso almeno venti graffi per niente.»

Già, perché diverse unghiate da parte di Lucifero sono andate a segno, ma non hanno sortito alcun effetto.

Ancorato al posteriore di una delle biciclette, lo sventurato felino si ritrova di nuovo a non capire cosa stia per accadere, finché uno dei ragazzi non sale sul mezzo ed inizia a pedalare come un forsennato.

Lucifero lo rincorre disperatamente, ma quando la velocità diventa insopportabile, è inevitabile per lui perdere il passo e lasciarsi trascinare dolorosamente.

E’ così che finisce tutto?

Non vedrai mai più la sua padrona?

Dopo pochi istanti, il gatto perde i sensi.

Si risveglia diversi minuti più tardi, e ciò che si ritrova di fronte agli occhi lo sorprende. Un dottore lo sta visitando, come quell’antipatico che gli propina sempre delle punture dolorose vicino a casa della sua padrona.

«Fortunatamente non c’è nulla di rotto. Ha qualche escoriazione, ma niente di grave.»

Un uomo ha visto ciò che stava accadendo poco dopo l’inizio della folle corse. I ragazzini, scoperti, hanno lasciato bici e gatto e sono fuggiti per le strade del paese, permettendo all’ultimo arrivato di prestare i primi soccorsi allo sventurato felino. Viste le condizioni dell’animale, l’uomo ha ritenuto opportuno portarlo subito da un veterinario.

«Ha il chip di riconoscimento?»

«Sì, ma non so come, si è rovinato. Il codice è illeggibile.»

«Vorrà dire che farò felice mia figlia e lo porterò a casa con me.»

Nei giorni successivi, Lucifero viene curato ed accudito da una famiglia amorevole. La bambina di casa lo ha chiamato Tom, non conoscendo il suo nome originale. Il gatto si riprende piuttosto rapidamente, e per qualche tempo si sente di nuovo felice.

Un giorno, tuttavia, rimasto solo a casa dopo che gli umani sono usciti per i rispettivi impegni, si ritrova a guardare fuori da una finestra in cerca di qualcosa di interessante. Da lì scorge il profilo di un’alta torre che riconosce perfettamente: è molto vicina alla casa della sua padrona. A casa sua, a dirla tutta! La sua meta è ad un’oretta di distanza, non può arrendersi solo per qualche piacevole coccola, al di là della riconoscenza per quelle persone che lo hanno salvato da una situazione davvero terribile.

Cerca un modo per uscire, ma non trova nessuna via di fuga. Deve necessariamente aspettare il ritorno degli uomini.

Qualche ora di malinconica attesa più tardi, finalmente rientrano gli altri abitanti della casa. Lucifero, o Tom per quella amorevole famiglia, cerca di far capire che vorrebbe tanto uscire da quelle mura, ma sembra che non lo comprendano. La bambina, che si chiama Rita, è comprensibilmente interessata solo a giocare con lui. I suoi genitori sono impegnati a parlare fra di loro ed a preparare la cena. Nessuno sembra badare alla sua irrequietezza, forse pensano che si tratti solo della conseguenza della giornata trascorsa in solitudine.

Due ore più tardi, l’uomo di casa sta guardando la televisione. Rita è andata a dormire, mentre la madre sta ultimando le faccende domestiche.

Lucifero è sul davanzale, tristemente attratto dal profilo della torre.

L’uomo si accorge di lui.

«Cosa c’è la fuori, Tom? Mi devo preoccupare?»

Si avvicina al gatto per controllare che non ci siano dei malintenzionati all’esterno della casa.

«Non c’è nessuno. Cosa stai guardando così insistentemente?»

Lucifero capisce che è la sua grande occasione. Miagola insistentemente, indicando con la zampa la torre ed implorando l’uomo di farlo uscire.

Quest’ultimo capisce che non si tratta solo della voglia di andare a farsi una passeggiata. C’è molto di più.

«Hai riconosciuto casa tua?»

Il gatto non può intendere le sue parole, ma dal tono intuisce una dolcezza che lo fa sperare.

«Facciamo così: domattina, quando Rita sarà uscita, ti lascerò andare. D’accordo?»

L’uomo accompagna quelle parole con una carezza. Lucifero capisce che l’umano vuole creare un contatto per consolarlo, ma non comprende perché insista a tenerlo in casa.

La spiegazione arriva da sé la mattina successiva.

«Dirò a Rita che sono passati i tuoi veri padroni a prenderti. Spero per te che riuscirai davvero a ritrovarli. Coraggio, ora va’.»

Lucifero si strofina sulle gambe dell’uomo, riconoscente.

Esce finalmente all’aria aperta. Corre a perdifiato verso la torre, prestando attenzione agli ostacoli lungo la strada. Vede sfilare intorno a sé case e luoghi sconosciuti, ma via via diventano sempre più familiari, fino a quando non riconosce la strada di casa sua.

Eccola, con le sue mura rosa tenue.

Riesce come sempre a passare attraverso le sbarre della cancellata, raggiungendo la porta.

La trova chiusa, quindi inizia a miagolare insistentemente.

Ad aprirgli arriva Giorgio, il cui sguardo passa rapidamente dalla sorpresa alla rabbia.

«Cosa diamine ci fai tu qui?»

Lucifero soffia il suo disprezzo verso l’uomo che ha cercato di rovinargli l’esistenza. Rapidamente capisce però di dover raggiungere la sua padrone.

Si infila tra le gambe di Giorgio e corre verso la sala, dove abitualmente l’anziana donna trascorre le sue giornate. E’ tutto vuoto e troppo in ordine: cosa può essere successo?

Il gatto teme di essere arrivato troppo tardi.

Fortunatamente, sente la voce della donna prima di essere colto dallo sconforto.

«Giorgio, è arrivato qualcuno?»

E’ debole ed incerta, ma è sicuramente la sua, ed arriva dalla camera da letto.

Lucifero si precipita nella stanza e salta sul letto, dove il volto della donna passa dalla sofferenza ad un impeto di gioia.

«Lucifero, piccolo mio! Dov’eri andato? Pensavo che avessi abbandonato questa povera vecchia al suo destino.»

La signora si commuove, felice di avere ritrovato il suo fedele compagno.

«Vieni qui, sciocchino, e non lasciarmi mai più! Hai capito?»

Il gatto, pur non capendo una parola, manterrà la promessa.

Nelle settimane a venire, i medici noteranno un netto miglioramento nelle condizioni della donna. Lei non farà mistero della ragione: il suo affettuoso amico, che temeva di avere perduto per sempre, è tornato nella sua vita per regalarle la compagnia e l’affetto necessari ad affrontare le sfide del presente e del prossimo futuro.