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Racconti brevi

Mille bolle e più

In un futuro non molto lontano, l’umanità ha condannato sé stessa a vivere in un mondo dall’aria irrespirabile.

Il sole inizia a cambiare colore, segno della sera che sta per farsi largo dopo una calda giornata di fine primavera.

Martina vorrebbe affrettarsi per non far arrabbiare sua madre, ma le manca il fiato, perciò si arrende all’idea di una ramanzina. D’altra parte ha la fortuna di non avere genitori particolarmente severi, perciò si prepara ad accogliere la tirata d’orecchie senza l’apprensione che qualcuno tra i suoi amici potrebbe sentire in quegli stessi minuti.

La palazzina in cui la ragazza vive con la famiglia è stata realizzata in grigio cemento, tuttavia la copertura offerta dalle piante rampicanti la rende decisamente piacevole, grazie soprattutto alla fioritura primaverile che regala note di colore dal rosa all’arancio tenue. Martina ha sempre pensato che, anche qualora non fosse obbligatorio per legge, non c’è ragione per cui delle persone dovrebbero preferire fare a meno del cappotto vegetale.

Una volta tanto raggiunge il terzo piano in ascensore. È stata educata a preservare la corrente elettrica, quando non ce n’è un’estrema necessità: bene, quella è esattamente una situazione di assoluto bisogno, sia per mantenere un minimo di fiato in corpo, sia per salvare qualche secondo nel suo evidente ritardo.

Apre delicatamente la porta, facendo attenzione al risucchio della pressione che potrebbe richiuderla rumorosamente: vorrebbe infatti raggiungere il bagno per darsi una rinfrescata, prima di rendere manifesta la sua presenza.

Obiettivo miseramente fallito.

«Marti, sei tu?»

Maledetta serratura.

«Sì, mami. Scusa il ritardo.»

Forse riuscirà ancora ad infilarsi in bagno prima che sua madre la veda.

Niente da fare: viene raggiunta in salotto prima che possa muovere il secondo passo verso la sua meta.

«Come sei sudata: cosa stavi combinando con i tuoi amici?»

«Niente, abbiamo giocato un po’ a Virtua Frisbee.»

Quel gioco è una maledizione. Un ologramma simula un vero frisbee di alto livello, senza il rischio di beccarsi il disco in mezzo agli occhi, ed è perfetto per regalare ai ragazzi un minimo di voglia di attività fisica in un’era ipertecnologica. Per contro, per ragioni non del tutto chiare quel passatempo è in grado di dare assuefazione, tanto che i giovani trascorrono ore intere a tuffarsi su qualsiasi superficie per recuperare al volo l’oggetto virtuale. Contusioni ed ore sottratte allo studio sono le prime conseguenze in ordine di importanza.

Ma non è tutto lì. C’è dell’altro. Sara, la madre di Martina, se ne accorge guardando il torace della figlia: alla sua età non dovrebbe alzarsi ed abbassarsi così rapidamente solo per un po’ di attività fisica, nemmeno se avesse corso senza sosta dall’altra parte della città fino a lì.

«Sei uscita dalla bolla?»

Martina è pressoché incapace di mentire alla madre, soprattutto quando la guarda dritto negli occhi. Con suo padre è diverso, perché lui non ha mai voglia di discutere, perciò accetta bonariamente qualsiasi scusa che la figlia gli propini, anche quando dà ad intendere di avere capito la verità.

«Solo cinque minuti.»

Sara non si è ancora abituata del tutto a quei toraci così ampi rispetto a quelli della sua generazione. Colpa dell’aria sotto le bolle.

«Lo sai che non sei capace di dirmi bugie.»

«E va bene. Siamo stati fuori mezz’ora.»

La madre alza il tono della voce, evidentemente preoccupata.

«Mezz’ora? Sei forse impazzita? E se foste svenuti?»

«Non siamo così incoscienti, mamma. Ormai abbiamo dodici anni. Stavamo fuori in due alla volta, mentre gli altri guardavano da dentro. Così, se succedeva qualcosa erano pronti ad intervenire.»

«E di grazia, che senso avrebbe questa follia?»

«Lo so che non puoi capire, ma è una sfida: chi resiste di più passa il turno.»

«Addirittura un torneo. E chi vince, cosa riceve in premio? Un paio di polmoni nuovi?»

Martina capisce di non dover ridere. Ha sentito il bisogno di raccontare tutto a sua madre perché lei stessa lo ritiene un gioco pericoloso, ma in tutte le città ci sono migliaia di ragazzi che si sfidano a resistere all’aria fuori dalle bolle, e certo non vuole sentirsi esclusa. I suoi compagni che si sono rifiutati di partecipare stanno subendo atti di bullismo costanti, al confronto cosa potrà mai essere una mezz’ora trascorsa là fuori?

«Non lo so. Davvero, non sto mentendo. Orgoglio?»

Sara si siede sul divano, sospirando.

Quando ha scoperto di essere in attesa di Martina, il mondo aveva appena iniziato a diventare molto diverso da quello in cui lei era nata e cresciuta. Se avesse saputo che sua figlia avrebbe trascorso la sua vita sotto ad una sfera ad atmosfera controllata per garantire all’umanità residente di respirare aria non tossica, probabilmente avrebbe preso una decisione differente, rinunciando alla maternità. La stessa scelta che avevano compiuto diverse altre donne su di un Pianeta allo stremo delle forze, tanto che le proiezioni indicavano un netto decremento della popolazione globale nell’arco di poche generazioni.

L’aria all’esterno delle bolle è satura di un mix di gas particolarmente insidioso, che nel breve periodo non sembra dare alcun effetto collaterale oltre ad un evidente appesantimento della respirazione. In realtà, dopo poche ore l’intossicazione può causare disturbi irreversibili a tutti i sistemi principali: ovviamente respiratorio, ma anche nervoso e cardiocircolatorio. Una variabilità di patologie incurabili che aveva lasciato strascichi su tutta l’umanità, oltre un decennio prima. Senza contare le conseguenze emotive di una vita confinata sotto ad un’enorme tenda trasparente e salvavita.

Poiché l’aria riprodotta artificialmente non è perfettamente identica a quella naturale, chi ha potuto permetterselo ha ulteriormente modificato l’aria nella propria abitazione, in modo tale da recuperare al meglio le energie fisiche e mentali durante la notte.

Le nuove generazioni nascono con una capacità di adattamento evidentemente superiore, tanto che Martina può passare agevolmente da una rapida passeggiata all’esterno della bolla, ad una corsa per le strade della città, fino alla climatizzazione domestica senza nulla più che una fluttuazione marcata del torace. Per lei è tutto normale, se non addirittura un gioco con i coetanei.

Per Martina, il semplice atto di abbandonare le mura domestiche per raggiungere il posto di lavoro rappresenta una sfida contro quella parte di sé che la tratterrebbe in quel rifugio sicuro, fino a quando quella stessa realtà limitata non le toglie il respiro. È grata per la capacità dell’uomo di reagire a quella crisi, regalandosi un futuro grazie ad un prodigio tecnologico concepito e realizzato in tempi incredibilmente brevi, ma allo stesso tempo da dodici anni non riesce a fare a meno di pensare che quell’esistenza sia infinitamente più triste e fragile rispetto alla vita precedente alle bolle.

Spesso deve prendere a cazzotti l’indolenza a cui quella consapevolezza l’ha costretta, perché sua figlia ha bisogno di una madre forte e presente, come qualsiasi adolescente. Il desiderio giovanile di Martina di sfidare i propri limiti la fa tuttavia sentire impotente.

«Senti, promettimi che non lo farai più. Non puoi semplicemente far finta di perdere?»

«D’accordo, ma’, promesso. Anche perché probabilmente avrei perso in ogni caso.»

Le due donne si abbracciano. Sara è consapevole di avere cresciuto una brava ragazza. È pur sempre una consolazione, e non da poco. Sta inoltre dimostrando di essere particolarmente sveglia e portata per lo studio, un’evidenza che stimola piacevolmente l’orgoglio dei suoi genitori.

Qualche giorno più tardi Martina torna a casa trafelata da scuola. Apre la porta con gesto brusco, mentre la voce tradisce un violento nervosismo.

«Ma’, lo sapevi che sono state delle persone a combinare tutto questo, solo per interesse?»

«A cosa ti riferisci, Marti?»

«All’aria!»

A scuola devono averle raccontato per la prima volta la verità su ciò che ha portato alla tossicità acuta dell’atmosfera, e conseguentemente alle bolle.

«Adesso siediti vicino a me e calmati.»

«Calmarmi? Spero che tu stia scherzando! Tu lo sapevi?»

«Ma certo, sciocchina! C’ero quando è successo tutto, e c’ero anche quando si è scoperto che la causa della degenerazione dell’aria era artificiale. C’ero quando si è trovato il colpevole, che ha cercato di ricattare il mondo intero perché secondo lui i sistemi di sicurezza che aveva adottato non permettevano di interrompere quella follia, se non lo avesse voluto lui stesso. C’ero quando è stato arrestato, dopo che quegli stessi sistemi di sicurezza sono stati violati e l’emissione dei veleni è stata interrotta, ed è stato spedito sul penitenziario di ricerca scientifica sulla Luna.»

La faccia nascosta della Luna ospita un carcere di elevatissima sicurezza in cui criminali dalle riconosciute doti intellettive vengono coinvolti in progetti di sviluppo tecnologico, con vitto ed alloggio garantiti ma anche la consapevolezza di dover trascorrere il resto dell’esistenza senza mai vedere la luce del Sole.

«C’ero quando si è capito che il processo di degenerazione era ormai irreversibile. C’ero quando un gruppo di scienziati ha proposto la soluzione delle bolle. C’ero quando l’umanità intera ha deciso di sospendere qualsiasi concetto di economia globale fino a crisi superata, perché ogni essere si dedicasse al completamento del progetto, compresa la realizzazione e la messa in opera dei silos che hanno recuperato nel Sistema Solare i gas utili a generare le atmosfere controllate. C’ero quando le bolle sono state attivate, ed abbiamo ricominciato a respirare normalmente all’aria aperta, o almeno così ci è sembrato finché non ci siamo resi conto del riflesso del Sole sulla sfera sopra le nostre teste, o del fatto che non avremmo più sentito la brezza del vento, né la pioggia primaverile. Ho vissuto tutto questo, e da quando sei nata tu non ho fatto che pregare che l’umanità compisse un altro miracolo, trovando una soluzione per rinunciare a questi maledetti salvavita che ci tengono sotto sequestro.»

Sara non può fare a meno di commuoversi.

Martina è ancora arrabbiata, anche se capisce la ragione per cui alle nuove generazioni viene negata la verità fino al raggiungimento di un’età sufficiente a comprendere quegli eventi.

La ragazza non può sopportare di guardare la madre ridotta in lacrime per la cattiveria di un uomo follemente avido.

«Mamma, te lo prometto: la troverò io la soluzione. Ti fidi di me?»

Sara guarda la figlia con occhi orgogliosi. Anche se si rende conto di quanto quelle parole siano figlie dell’emotività, decide di sostenerla per il bene della sua autostima.

«Certo che mi fido di te. Se ci riuscirai, diventerai la persona più importante che l’umanità abbia mai generato.»

Gli studi di Martina progrediscono con successo. La ragazza capisce poco per volta che la soluzione non sta nei gas, bensì in una forma batterica che sia in grado di compensare i veleni nell’aria. Si dedica pertanto alla ricerca di laboratorio, mentre decine di altri scienziati nel mondo non riescono a raggiungere l’obiettivo, fallendo anche dopo annunci ai quattro venti e conseguenti miserevoli ritirate.

Ogni volta in cui Sara incontra la figlia, occasioni in verità rare per via degli impegni della ragazza, la trova cambiata. L’intensità della sua dedizione alla ricerca la sta rendendo sempre più ambiziosa. Vuole avere successo, tuttavia questo obiettivo non è più finalizzato a migliorare la qualità di vita della madre e dei milioni di esseri umani chiusi sotto alle campane di materiale trasparente: lo desidera per sé stessa, perché la sola idea di primeggiare dove tanti hanno fallito in quegli anni la inebria.

«Mamma, sai chi ho conosciuto?»

«Chi, Marti?»

«Harold Johnson.»

Un brivido corre lungo la schiena della madre: «Quell’Harold Johnson?»

«Esatto, proprio il pazzo criminale che ha avvelenato il mondo.»

E pensare che quindici anni prima aveva temuto per l’incolumità della figlia solo per via di quella sciocca sfida di resistenza all’esterno della bolla.

«Cosa ti è saltato in mente?»

«Avevo bisogno di chiarirmi le idee sulla miscela di gas che ha utilizzato. C’era qualcosa che non mi tornava, anche perché durante gli anni ovviamente il mix è cambiato, e parecchio. Devo dire che il colloquio è stato illuminante. Un po’ come se mi avesse rivelato l’ingrediente segreto di una ricetta famosa in tutto il mondo.»

Martina sente le gambe venire meno: «E perché mai una persona chiusa in un carcere di altissima sicurezza dovrebbe rivelare proprio a te un segreto così prezioso?»

«Forse perché sono la più avanti nella ricerca della soluzione. O forse perché ha voluto qualcosa in cambio. Scegli tu.»

La malizia che Sara coglie nello sguardo della figlia non le piace affatto. Non è quella la brava ragazza che ha cresciuto.

«Come sei diventata così ambiziosa e priva di scrupoli?»

Martina per un istante sembra offendersi, prima di rendersi conto di quanto sua madre abbia ragione: «Non saprei, forse la cattiveria dell’uomo mi ha fatto capire quanto poco servano i buoni sentimenti, quando si vuole davvero raggiungere un obiettivo.»

«Davvero? Non ti fa nessun effetto la consapevolezza di essere diventata una persona che tu stessa non avresti rispettato qualche anno fa?»

«Mamma, posso regalarti un futuro migliore. Te l’ho promesso una volta, lo farò di nuovo, e questa volta so di essere vicina a mantenerlo.»

Sara non è sicura di riuscire a comprendere le parole della figlia, non ha tuttavia altra possibilità oltre all’attesa degli eventi: non è più in grado di influenzare in alcun modo i pensieri di Martina.

Trascorrono ancora un paio d’anni, prima che un messaggio della giovane donna inviti la madre a guardare la televisione.

Un’edizione speciale del telegiornale ospita una ricercatrice, Martina Castellani.

Durante l’intervista, la figlia di Sara spiega come la sua azienda sia pronta per realizzare su larga scala un batterio di comprovata efficacia contro l’inquinamento dell’aria. La produzione inizierà nel momento in cui le singole nazioni inizieranno a versare quanto richiesto nei preventivi condivisi poche ore prima di quell’incontro.

Alla domanda del giornalista sul fatto che, pur nell’entusiasmo di una possibile e rapida fine di quella prigionia, quell’azione sia da intendere come un ricatto, la donna ribatte che si tratta di un piccolo prezzo da pagare per il benessere presente e futuro dell’umanità, un risultato così importante da possedere un valore incalcolabile.

L’insinuazione che Harold Johnson possa essere dietro all’azienda riceve questa risposta: «Harold non è affatto dietro alla nostra realtà, è al contrario perfettamente inserito: il suo contributo è stato fondamentale per portare ciò che teorizzavo alla realizzazione. Per questo motivo, gli ho riconosciuto il cinque per cento delle quote societarie. Ciò non toglie che continuerà a scontare la sua pena per il resto della sua esistenza, e degli utili che riceverà beneficeranno i suoi familiari, persone innocenti condannate come tutti noi ad un’esistenza di sofferenza dalla sua follia.»

Di lì a poco, il mondo intero si divide fra chi è indignato per quella estorsione, pretendendo che le Nazioni Unite requisiscano il brevetto ed i siti produttivi, e chi al contrario si dice d’accordo con la valutazione fatta dalla ricercatrice, geniale scopritrice di una soluzione ai mali del pianeta.

Il telefono di Sara squilla.

«Ma’, hai visto? Cosa ti avevo promesso? Entro massimo un anno potrai uscire dalla bolla, e con quello che guadagnerò potrò compare a te ed a papà una bella villa. Cosa ne dici?»

La madre sospira, triste al pensiero di ciò che sta per dire.

«Bambina mia, è vero che desideravo da tempo di poter tornare alla vecchia realtà, a respirare all’aria aperta, a sperimentare gli effetti del clima sulla mia pelle… Ma non ho mai pensato che lo scotto da pagare fosse quello di perdere mia figlia. Io ti ho sempre voluto bene, ma adesso mi rendo conto di averti persa ormai diversi anni fa.»

«Mamma, cosa stai dicendo?»

«Sto dicendo che avevi l’occasione di fare qualcosa di meraviglioso per l’umanità intera, invece hai compromesso l’economia ed il futuro di diverse nazioni nel mondo per sistemare te stessa ed i tuoi futuri eredi. Cosa c’è di diverso fra te e Harold Johnson?»

«Starai scherzando, spero: lui ha avvelenato il pianeta!»

«Certo, ma quando nei prossimi decenni i popoli del pianeta piomberanno nel caos a causa delle guerre e delle migrazioni conseguenti alla tua estorsione, che ha aggravato i sacrifici enormi che già erano stati fatti per uscire dalla prima crisi, tu dove sarai? Sulla Luna con il tuo amico Harold, magari in una bella villa sotto ad una bolla tutta tua?»

«Non ti permetto di parlarmi così, ho fatto tutto questo per te! Hai capito? Non vedrai un centesimo!»

«Non voglio nulla, piccola. Rivorrei solo mia figlia, ma temo che ormai sia troppo tardi. Abbi cura di te.»

Pronunciare quelle ultime parole è stato difficilissimo, tuttavia Sara sa perfettamente che se potrà esserci un futuro diverso per Martina, dovrà essere sua figlia a costruirlo, guardando dentro sé stessa e cogliendo la portata delle sue azioni.

Per lei, l’unica considerazione che le permette di guardare con ottimismo al futuro è che, nonostante tutto, anche questa volta l’umanità è riuscita a rimediare ai propri errori, garantendo di nuovo un futuro alle prossime generazioni. Non sarà semplice né sereno, ma non ha dubbi sul fatto che anche gli uomini del decenni a venire sapranno rimboccarsi le maniche e trovare soluzioni per i problemi del mondo.

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