Categorie
Racconti brevi

Il vortice del passato

Un’anziana donna affronta i ricordi di un passato offuscato dalla malattia.

Una nuova ruga, o almeno così le pare.

Una piccola lacrima scende a segnarle il volto. Non è la vecchiaia a farle male, piuttosto la vacuità. Il grigio nulla che la avvolge, senza darle scampo.

«Chi è Monica?»

Questa è la domanda che la attende quasi ogni mattina. Ci sono giorni migliori, in cui questa domanda va intesa in senso relativo. Il dubbio riguarda la sua personalità, il suo passato, le amicizie ancora presenti nella sua vita.

Ci sono invece altri giorni in cui quella domanda ha valore assoluto. Chi è Monica? Sono forse io?

La foto di una donna sorridente, radiosamente bionda, le ricorda un nome. Chiara. Sì, lei è Chiara, sua figlia. Forse è per via del fatto che quella persona è pressoché l’unica presenza nella sua vita, se da tempo è molto più sicura di chiamarsi ‘mamma’ piuttosto che ‘Monica’.

Ci sono parti del suo appartamento che le sono decisamente familiari, altre meno. La cucina fa parte delle stanze amiche, ma l’orologio le spiega che non è ancora ora di preparare il pranzo. Peccato, era certa di avere un po’ fame.

Si sposta verso la camera. Lì è sicura di trovare una televisione. Toh, ed è anche bella grande! Forse Chiara l’ha spostata in quel punto apposta per lei, perché si è accorta che sua madre non usa più l’altra stanza. Ma che sciocca, non ci sono altre stanze!

Comunque, non ha molta voglia di guardare la televisione. Non c’è mai niente di bello, al mattino. A parte la domenica, quando c’è la messa da Roma. Quel nuovo Papa le piace proprio. Vediamo se oggi è domenica. No, purtroppo.

La televisione viene spenta. E ora?

C’è una fotografia che richiama la sua attenzione. In compagnia di un uomo, grassottello ma con la faccia simpatica, c’è una donna che le assomiglia. E’ mora, ed è un po’ più grande di sua figlia Chiara.

A Monica non risulta di avere altre figlie femmine, perciò deve trattarsi di una sua foto di qualche anno prima. Ma chi è il simpatico cicciottello?

I ricordi si incontrano e si allontanano.

Un nome fa capolino. Franco. Sì, quel nome le scalda il cuore. Dev’essere lui quell’uomo.

Ma no, non è possibile. Quella persona le ispira amicizia, voglia di stare in compagnia. Non amore.

Il nome Franco le fa venire voglia di alzarsi e di andare verso il calendario appeso ad una parete. Non ha idea di che giorno sia, ma non le importa. Ciò che vuole vedere è l’immagine riprodotta in cima alla pagina.

E’ certa che si tratti del Trentino.

Franco. Il Trentino.

Ha bisogno di sedersi sul letto. Si tiene la testa tra le mani, mentre i ricordi si affollano, spingendo per emergere dall’oblio.

Quel giorno faceva caldo, anche se si respirava bene lassù. Lei e Franco stavano vivendo una piccola vacanza nei boschi del Trentino, in una pensione in cui lui aveva lavorato un paio di anni prima come cameriere nel ristorante interno.

Avevano camminato a lungo tra gli alberi. Il tempo non contava, perché si amavano ed adoravano trascorrere le ore insieme a chiacchierare. Ridevano spensierati per ogni fesseria che uno dei due dicesse.

Erano usciti dal bosco. Si stavano incamminando verso un’altra parte dell’abetaia, attraversando un piccolo prato deserto.

Ad un certo punto un serpentello era strisciato vicino a Monica, fuggendo rapidamente verso spazi meno frequentati. Lei si era spaventata a morte e, nei pochi passi che aveva fatto in direzione di Franco era inciampata, procurandosi una piccola distorsione alla caviglia.

Lui si era preoccupato. Aveva controllato che non si fosse fatta nulla di grave, quindi aveva tirato un sospiro di sollievo.

«Forza, rimettiamoci in cammino.»

«Come pensi che possa camminare in queste condizioni?»

Monica ricorda quel momento come fosse successo pochi minuti prima: lui l’aveva sollevata delicatamente, prendendola in braccio, e così l’aveva portata fino alla pensione.

L’odore del sudore di Franco per lo sforzo e per la giornata calda si fondeva meravigliosamente con i profumi dei boschi, mandandola in estasi.

Erano rientrati in stanza, dove avevano fatto l’amore senza più pensare alla caviglia. Monica fatica a ricordarsi come fosse stato, perché ha sempre vissuto il sesso con un trasporto tale da farle spesso perdere il controllo. Tuttavia è certa che dev’essere stato tremendamente passionale ed intenso.

Non ha idea di quanti anni siano passati da allora, e di che fine abbia fatto Franco. Perché se c’è una cosa di cui è completamente certa, è che l’uomo della foto in camera non è Franco.

Luigi, ecco come si chiama. Aspetta un secondo, Luigi è suo marito!

O meglio, era suo marito. E’ sicura che ormai non ci sia più.

Ha bisogno di alcune risposte, perciò richiama sul cordless il numero di Chiara.

«Ciao mamma, come stai?»

«Bene, cara, ma ho bisogno di te.»

Dalla voce della figlia trapela la sua preoccupazione: «Cos’è successo?»

«Nulla, piccola mia. Solo questa maledetta testa che fa cilecca.»

Chiara si lascia andare ad una piccola risatina di sollievo. Scherza spesso con la madre sulla malattia per esorcizzarne gli effetti più difficili da accettare: «Spara, chiedimi quello che vuoi sapere.»

«Che età avevo quando ci siamo sposati, io e tuo padre?»

«Trentacinque anni.»

Monica è sorpresa dalla prontezza della figlia: «Ah. Immagino di averti fatto già fatto questa domanda in passato.»

«Un altro paio di volte negli ultimi due mesi.»

La donna saluta Chiara, ringraziandola.

La ragazza del suo ricordo era giovane, molto giovane. Sicuramente aveva meno di trentacinque anni.

Franco doveva essere stato un suo grande amore, prima che la vita la portasse a sposare Luigi.

Sente il bisogno di suggellare quel ricordo, per quanto sappia che forse già poche ore più tardi sarà destinato a svanire.

Si guarda intorno, alla ricerca di un aiuto. Lo trova in una scatola di cui non conosceva l’esistenza. Su di essa fa bella mostra di sé un cartello: “Da Monica x Monica”.

Lo appoggia delicatamente sul letto, perché le viene in mente che lì dentro troverà ciò che di più prezioso le sia rimasto. Tolto il coperchio, ecco esplodere un caleidoscopio di fotografie, documenti e lettere.

Negli strati superiori sopravvivono pagine della sua vita con Luigi. Quanti posti hanno visto insieme! Ci sono anche alcune immagini dal Trentino, ma chissà perché, di quelle vacanze non ha alcun ricordo.

In verità, nessuno di quegli scatti la emoziona. E’ come se la malattia si fosse portata via tutti i sentimenti che ha provato per il marito, più di quanto non abbia fatto la scomparsa del povero Luigi.

Ha ormai vuotato il contenitore. Ha sfogliato avidamente tutto ciò che riguarda Chiara, compresa una fotocopia del suo attestato di laurea. Le è tornato alla memoria l’orgoglio che ha provato il giorno della discussione della tesi, e sente in cuor suo che quella ragazza non l’ha mai delusa. Mai.

Infine, come se fosse stato pudicamente nascosto da qualcuno che non voleva far emergere quel passato ormai lontano, ecco comparire Franco.

In tutto Monica trova quattro fotografie ingiallite e tre lettere, consumate da frequenti riletture.

Le prime la fanno sorridere, anche perché in ogni istantanea sia lei che Franco compaiono in tutta la loro giubilante serenità giovanile. Tra le seconde, invece, ce n’è una che le spezza il cuore.

E’ la lettera con cui lui le ha dato l’addio.

“Mia cara, sono ormai trascorsi quasi due anni dal nostro ultimo incontro. Qui in Germania mi trovo bene, e contrariamente alle mie intenzioni, non penso che rientrerò mai più. Certo, i tedeschi non sono sempre accomodanti con noi italiani, ma se ti dimostri un buon lavoratore, finiscono per apprezzarti e per considerarti quasi come uno di loro.

E’ con una punta di dispiacere che ti annuncio anche il mio fidanzamento con una ragazza conosciuta qui. Sono felice, ma certo so che i nostri meravigliosi momenti sono ormai legati al passato, e questo mi rattrista. Immagino con un poco di gelosia che nel frattempo si sia creata una coda di ammiratori di fronte alla tua porta, per questo ti auguro che un brav’uomo faccia presto breccia nel tuo cuore, se ciò non è già accaduto.

Tuo per sempre, Franco”

Nella nebbia si fa strada un treno in corsa. Su ogni vagone, un’immagine: la lettera che le cade di mano, mentre le lacrime scendono copiose; la desolante solitudine che si avvinghia intorno al suo essere più profondo; la decisione di cedere alle lusinghe di Luigi, il ‘brav’uomo che faccia presto breccia nel tuo cuore’, solo che dopo Franco nessuno avrebbe mai più avuto il suo amore incondizionato; infine l’arrivo di Chiara, che aveva veramente riempito quel vuoto affettivo e che ancora oggi rappresenta il suo vero sostegno.

Si sente sciocca, pensando che la malattia le stia facendo rivivere quella incalzante sequela di emozioni perlomeno per la terza volta, ma come se fosse la prima.

Poi un pensiero si fa strada in lei. Forse, se la sua memoria non fosse stata devastata con la furia cieca che i medici chiamano Alzheimer, Franco sarebbe scomparso per sempre, sommerso dalla presenza di Luigi nei momenti più importanti dei suoi ultimi cinquant’anni.

Decide che non valga la pena di essere triste, e che se il suo destino è quello di rivivere altre cento volte quelle emozioni, ebbene lei balzerà per altre cento volte dall’amore alla fredda solitudine, con coraggio, finché il buon Dio non scriverà per lei la parola

FINE

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *