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Racconti brevi

La cattiveria dell’uomo

La mascherina si posò ordinatamente sulla bottiglia termica. Margherita si sincerò che quell’oggetto ormai familiare non corresse il rischio di cadere a causa delle vibrazioni del tapis roulant. Quando si sentì sicura, avviò la macchina ed iniziò la sua passeggiata.

Camminare guardando verso i campi di fronte alla palestra la rilassava. Nonostante ciò avvenisse la mattina presto, alle luci dell’alba, prima che sua figlia sia alzasse e che giungesse l’ora di spostarsi verso il lavoro, lei riusciva a sognare di perdersi in un campo di grano mentre il sole primaverile le accarezzava il volto.

MOSTRO

Andava in quel luogo di fantasia così semplice ed innocente ogni mattina. Sì, perché ogni giorno la sveglia suonava alle quattro e quaranta, compresi il sabato e la domenica. Lei si alzava, indossava l’abbigliamento sportivo, saliva in macchina ed in cinque minuti raggiungeva la palestra. Il tempo di lasciare la borsa nell’armadietto, ed era sul tapis roulant. Venti minuti di camminata, quindi il trasferimento sullo stepper per dieci minuti, infine altri venti minuti di passeggiata. Una rinfrescata, e la giornata poteva cominciare.

Aveva avviato quella routine ormai due anni prima. La spinta era arrivata dal suo medico di base, quando Margherita si era presentata in studio con il fiato corto ed un senso di affaticamento che provava già dopo un paio di scalini. Il Covid-19 in quel momento non era ancora arrivato in Italia, e gli esami non avevano rilevato nulla di particolare. Aveva solo bisogno di bere con maggiore frequenza, e di fare dell’attività fisica.

Sola con una figlia adolescente e poco avvezza allo sport, Margherita aveva inizialmente accantonato l’idea di abbracciare entrambi i suggerimenti del dottore, limitandosi pertanto ad assumere più liquidi.

Quando però il suo livello di stress aveva raggiunto vette mai sperimentate prima, a causa di un picco di lavoro, si era convinta che un po’ di moto potesse giovarle anche da quel punto di vista. Era ora di pensare un po’ a sé stessa.

In fondo, se lo meritava.

SEI SOLO SPAZZATURA

Da ragazza aveva alternato lo studio alla cura di un’anziana nonna malata, un’esperienza estremamente appagante che le aveva lasciato dentro una moltitudine di ricordi e di emozioni, ma che per contro l’aveva privata di molte conoscenze proprie della gioventù.

Quando aveva iniziato a lavorare, dopo avere salutato per sempre la cara nonnina, si era pertanto gettata fra le braccia del primo ragazzo che avesse mai mostrato interesse per lei. Si era dedicata anima e corpo alla professione ed alla famiglia, compresa la maternità arrivata alcuni anni più tardi.

Nel frattempo, quel brav’uomo di suo marito aveva approfittato della sua ingenuità per costruire una notevole rete di relazioni extraconiugali, che lei aveva finto di non intuire fino a quando non lo aveva colto in flagrante.

Era piuttosto convinta che lui si fosse fatto scoprire di proposito. In quel modo, stufo della loro relazione e dei vincoli alla sua libertà, l’aveva costretta a cacciarlo di casa e ad abbandonare Antonella, la figlia che avevano generato. Fortunatamente, la bambina divenuta poi giovane donna non aveva mai colpevolizzato Margherita per l’uscita di scena del padre.

Da allora, lavoro e ruolo di madre avevano occupato completamente la sua esistenza. Nessuno avrebbe potuto negare che avesse dato tutta sé stessa. Ora, con una figlia ormai quindicenne ed essendo lei giunta ai cinquanta, riteneva a buon diritto di meritare un po’ di spazio per sé.

NON MERITI ALTRO CHE DI BACIARMI I PIEDI

C’erano però dei momenti in cui il suo volo di fantasia verso un campo di grano terminava all’improvviso.

Non accadeva per colpe altrui, perché nessuno sembrava accorgersi di lei.

Margherita in effetti non cercava compagnia, né contatti visivi: si spostava tra le macchine ai lati opposti della palestra, esattamente negli angoli di fronte alla vetrata, in modo tale che fosse chiaro quanto non tenesse ad essere disturbata. Caratterialmente era in effetti una prospettiva opposta rispetto alla realtà: era lei che, isolandosi, non voleva arrecare fastidio a nessuno con la sua presenza.

Perché sembrava che il mondo fosse urtato dalla sua ostinazione nel sopravvivere, nonostante nessuno desiderasse averla accanto.

CHI HA AVUTO IL CORAGGIO DI METTERTI INCINTA?

Mai un ragazzo, a parte quel farabutto che l’aveva sposata per potersi creare una corte di amanti, e che le aveva regalato una figlia per un puro senso di colpa.

Mai un complimento, dopo la fine della scuola media. Nonostante si fosse impegnata assiduamente alle superiori, all’università e nel lavoro.

Mai una parola carina. Come se non fosse stata gentile ed empatica con chiunque le avesse chiesto un favore.

Perché?

Il suo aspetto era la ragione per cui di tanto in tanto l’illusione campestre si arrestava. Un flash riportava la sua vista sull’immagine del suo viso riflesso nello specchio.

UOMO MANCATO

Aveva ereditato tutti i difetti dei quattro nonni.

Il porro della nonna materna, proprio di fianco al naso. Nonostante quell’imperfezione le avesse causato diverse accuse di stregoneria durante l’infanzia, non se l’era presa con la povera parente: era lei la donna che aveva accudito quando la sventurata si era ammalata.

I capelli stopposi della nonna paterna, che se solo lei avesse pensato a prendersi cura di sé di tanto in tanto, avrebbe scoperto diversi prodotti per migliorarne la condizione. Ormai, non ci faceva più caso.

La corporatura “a pera” del nonno materno. Complice la scarsissima predisposizione per l’attività fisica, le era costata la possibilità di sentirsi attraente in qualsiasi momento della sua esistenza.

Infine, i denti storti del nonno paterno, il quale aveva passato diversi anni a rimbalzare fra i dentisti del Veneto, regione in cui era vissuto, fino a quando non si era arreso alla protesi dentale fissa.

Insomma, Margherita non si era fatta mancare proprio nulla. Se solo avesse avuto un carattere più forte e predisposto per l’orgoglio, tutto questo non avrebbe avuto peso. Sarebbero stati dettagli su cui lavorare o da usare come scudo di fronte alle cattiverie gratuite.

Purtroppo, così non era stato. Aveva pertanto dedicato le sue energie al prossimo: la nonna, il marito, la figlia, i colleghi. In cambio aveva avuto amore solo da chi aveva necessariamente guardato dentro di lei, capendola veramente. Una mano sarebbe avanzata per contare quelle persone.

Incrociare i suoi lineamenti nella vetrata non le regalava pertanto delle belle sensazioni. Risvegliandosi di soprassalto dal suo viaggio nella fantasia, si guardava ogni volta intorno per controllare che nessuno avesse notato in lei un atteggiamento strano, o non la stessero osservando per deriderla o per giudicarla.

Come sempre, nessuno si stava preoccupando di lei.

FALLITA

Le parole del suo ex marito le risuonavano spesso in testa. Non faticava a ricordarle, perché concordavano con molti degli insulti che la cattiveria delle persone spingeva dei perfetti sconosciuti a tributarle, quando pensavano che lei non sentisse. Peggio, talvolta quelle parole erano uscite di bocca ai suoi colleghi, che non la consideravano degna di rispetto per una semplice somma di un aspetto poco curato ed una personalità mite.

«Forse sono davvero una fallita.»

Un velo di tristezza le appannò la vista.

Quando riprese il controllo su di sé per non dare a vedere ciò che le passava per la mente, si accorse di un uomo che aveva appena parcheggiato nel posto dall’altra parte della vetrata. Doveva avere più o meno la sua età. Lo vedeva spesso in palestra a quell’ora, ma come tutti non aveva dato segno di accorgersi della sua esistenza.

Quel giorno era diverso: lui la stava osservando, sembrava dispiaciuto.

Che imbarazzo. Come doveva comportarsi?

Distolse lo sguardo, fermando il tapis roulant e preparandosi per sanitizzare la macchina.

Si spostò verso la zona degli stepper. Avrebbe voluto raggiungere gli spogliatoi per rifugiarsi dentro ad un armadietto. Per il momento, tuttavia, si sforzò di proseguire l’allenamento.

A metà del corridoio incrociò il nuovo arrivato. Mantenne lo sguardo dritto di fronte a sé, sforzandosi di mostrarsi distaccata e perfettamente asettica per evitare qualsiasi commento o giudizio, forte della corazza offerta dalla mascherina.

Sorprendentemente, lui le parlò: «Spero che non le sia successo qualcosa di davvero brutto, è triste vedere una persona commuoversi a quest’ora del mattino. Significa che la sua giornata difficilmente volgerà al sole.»

Che belle parole. Davvero erano rivolte a lei?

Non poté evitare di girarsi verso di lui. Non era una maleducata, semplicemente si era abituata a schivare le cattiverie altrui.

«Dice a me?»

«Sì, ho visto una lacrima rigarle il viso, mi è dispiaciuto davvero molto.»

Margherita non si era accorta di avere pianto.

«La ringrazio, è gentile da parte sua, anche se non ci conosciamo.»

«Ha ragione, mi scusi: sono Sergio.»

L’uomo le porse il pugno, come si usava fare ai tempi del Covid.

Lei rispose, chiudendo quel contatto che le regalò un sorriso. Un violento contrasto rispetto alla malinconia di poco prima.

«Margherita, piacere.»

«Non volevo disturbarla o metterla a disagio, ma se vuole parlare con qualcuno, sappia che sono qui. Se ci costringiamo a venire in palestra così presto è perché nel resto della giornata siamo obbligati a correre, lasciando che il tempo divori le nostre esistenze senza regalare un significato in cambio. Perciò, penso sia normale che non si trovino persone con cui avere uno sfogo. Se non è così, mi scusi per l’affermazione inopportuna.»

«E’ proprio così. Ma non voglio farle perdere altro tempo, avrà certamente fretta di cominciare il suo allenamento.»

«Non direi, ormai è una routine. Mi piace, ma non così tanto da farmi temere che un giorno in meno possa stravolgere il mio stato fisico.»

Un’ora più tardi, seduti in un bar di fronte alle rispettive colazioni, Sergio e Margherita si stupivano di quante esperienze di vita avessero in comune. Entrambi giudicati dal mondo come persone che non valesse la pena coinvolgere, o premiare. Entrambi esseri umani che avevano tante porzioni di cuore da donare.

A differenza di lei, l’uomo aveva trovato uno sfogo positivo nella poesia, una passione che non aveva sostituito un impiego in un’azienda, ma che lui considerava il suo vero lavoro, e grazie al quale si era tolto diverse soddisfazioni.

Sergio nei mesi e negli anni successivi guidò Margherita verso la scoperta di una propria forma d’arte, il canto corale. La donna non era dotata di un particolare talento, ma la passione che metteva quando richiamava le sue energie dal profondo dell’anima era in grado di scaldare chiunque l’ascoltasse.

In quel giorno apparentemente routinario, lui l’aveva presa per mano ed insieme erano usciti a camminare in quel campo di grano, mentre il sole primaverile accarezzava i loro volti e li mondava dalle cattiverie degli uomini.

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