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Racconti brevi

Il giustiziere del palazzo

Una guardia giurata interviene per scoprire l’origine di alcuni rumori misteriosi nel suo palazzo.

Il caldo è insopportabile. Se solo quel maledetto climatizzatore non avesse smesso di funzionare, ora Salvo si godrebbe un soddisfacente vento freddo, invece di implorare l’Altissimo per un alito rovente che quantomeno muova l’aria.

Invece, quell’apparecchio per cui aveva speso un intero e sudato stipendio del suo vecchio lavoro da magazziniere aveva deciso di lasciarlo in balia della canicola proprio nei giorni più torridi dell’anno, in cui anche di notte non c’è tregua alle temperature sopra ai trenta gradi aggravati dalla caratteristica afa milanese, in grado di tagliare il fiato. Ha provato a ripararlo, facendo appello agli insegnamenti di uno zio elettricista, ma sfortunatamente ha solo peggiorato il danno.

Salvo sta ulteriormente stordendo il suo cervello privato del necessario ossigeno con la visione a ciclo continuo di un canale incentrato sulle televendite. Ha cercato disperatamente qualche torneo di freccette, sua recente passione, ma ha trovato solo repliche di competizioni già viste. Girando a casaccio per le frequenze, è rimasto conquistato dalla promozione di una linea di boxer ad azione rinfrescante, senza avere poi la forza per cambiare nuovamente canale.

Milù, il suo amato canarino, lo implora di trovare qualcos’altro che meriti di essere visto, e se possibile di avere dell’acqua ad una temperatura un po’ più lontana dall’ebollizione. Il suo padrone in quel momento è poco disposto nei confronti di qualsiasi stimolo o richiesta. Comprende tuttavia di doversi spendere per la sopravvivenza del suo fidato animale domestico. Decide pertanto di mettere un documentario sulla natura per distrarlo, mentre si alza a cambiargli l’acqua.

La schiena completamente sudata gli regala un’ulteriore pessima sensazione. Prima di stendersi si concederà una doccia rinfrescante, tuttavia gli orari notturni del suo nuovo impiego da guardia giurata gli rendono impensabile andare a dormire già alle undici di sera, pur nel suo giorno libero.

E’ preoccupato per le sue macchie della pelle, che con quella sudorazione intensa e continua diventano ancora più evidenti. Capisce che dovrà costringersi ad un trattamento specialistico in una beauty farm: la sua virilità potrebbe uscirne sminuita, ma teme davvero di non sentirsi più a suo agio con una ragazza. Non è un caso se dopo Filomena non ha avuto altri appuntamenti.

Salvo passa dalla cucina al bagno per sciacquarsi la faccia ed il collo. Dai palazzi circostanti arrivano i tipici rumori della notte: tapparelle che crollano fragorosamente, neonati che strillano, cani rinchiusi su solitari balconi che reclamano compagnia.

Una persiana sbatte, inattesa. Il rimbombo risuona tra le pareti dei caseggiati, creando un’eco il cui riverbero impiega qualche secondo a consumarsi. Curioso, non sembra esserci un filo di vento, ma forse una brezza ristoratrice sta per arrivare fino a lì.

Mentre sta per abbandonare il bagno, Salvo riflette tuttavia all’improvviso sul fatto che non ci sono persiane in un raggio di almeno mezzo kilometro. Da dove è giunto quel rumore?

Sta cercando di fare mente locale per essere certo della sua valutazione, quando il frastuono si ripete, se possibile ancora più intenso. Avendo alzato il suo livello di attenzione, è ora riuscito a cogliere anche la vicinanza del colpo.

Torna verso la finestra. Tende l’orecchio, sperando che il rumore si ripeta, ma non accadrà. Ciò che gli sembra di percepire è invece un lamento soffocato, come se qualcuno stesse cercando di chiedere aiuto ma avesse un’ostruzione davanti alla bocca. Un tonfo sordo parzialmente attutito mette fine a quella voce: qualcosa di decisamente strano e preoccupante sta accadendo, probabilmente proprio nel suo palazzo.

Salvo decide che è suo compito intervenire. In quanto guardia giurata percepisce il dovere morale di capire cosa stia accadendo a pochi passi da casa sua.

Sfortuna vuole che non abbia il porto d’armi, ma sa usare molto bene una mazza da baseball che gli ha regalato un amico di ritorno dagli Stati Uniti. Inizialmente aveva avuto la tentazione di restituire o di vendere quell’oggetto che considerava inutile e del tutto estraneo ai suoi interessi, ma aveva poi avuto modo di provarne l’efficacia quando aveva messo in fuga dei malintenzionati rischiando di rompergliela in testa.

Peccato avere poi scoperto che si trattava degli agenti immobiliari a cui aveva affidato la vendita di casa sua, a cui aveva lasciato le chiavi dell’appartamento. Furibondo per l’attentato alla sua privacy, aveva immediatamente tolto l’incarico all’agenzia e minacciato di denunciarli.

I malcapitati avevano cercato di giustificarsi ricordando al padrone di casa che le tre di pomeriggio erano nella fascia oraria in cui era loro consentito accedere senza preavviso, come concordato e sottoscritto nel contratto. Nonostante un necessario passaggio al pronto soccorso, da cui uno dei due agenti era uscito con una prognosi di due settimane per un trauma cranico, erano rimasti così sorpresi dalla reazione di Salvo da non trovare la grinta per chiamare le forze dell’ordine. La diatriba si era pertanto conclusa con una reciproca constatazione di non volere più avere nulla a che fare gli uni con l’altro.

La guardia giurata brandisce la mazza e si appresta ad uscire dalla porta. Milù lo saluta con due cinguettii decisi ed incoraggianti: anche se è preoccupata, non lo dà a vedere.

Salvo si porta sul pianerottolo con passo silenzioso, grazie anche alle pantofole che ovattano i suoi movimenti. Il palazzo è stato di nuovo avvolto dalla quiete notturna. L’uomo tende l’orecchio, cercando di escludere i latrati che rimbombano nel vuoto del quartiere. Non sembra davvero di cogliere altri rumori preoccupanti, tuttavia ha già un obiettivo in mente. Il solito.

L’appartamento che passa semestralmente di mano tra gruppi di extracomunitari di diverse etnie è da sempre il bersaglio preferito delle sue invettive nelle assemblee condominiali, nonché dei suoi sfoghi figli dei momenti di noia. Come quando è riuscito a recuperare il numero di telefono della casa e lo ha registrato letteralmente ovunque ci fosse un call center disposto a chiamate in orari molesti: solo in una sera, trascorsa appostato in corridoio di fronte alla loro porta, lo ha sentito squillare almeno quindici volte, sghignazzando ad ognuna di esse.

La sua non è cattiveria, ma una legittima e strenua difesa. Da quell’appartamento sono usciti negli anni odori pestilenziali, rumori a qualsiasi ora della notte, perfino insetti disgustosi. Cercare con tutte le sue forze di convincere il proprietario a vendere la casa ad una tranquilla coppia di italiani, possibilmente milanesi, è pertanto un suo dovere civico.

Cosa diamine possono avere combinato questa volta quei debosciati?

Salvo si avvicina quatto quatto alla porta. La mazza è pronta a calare su qualsiasi cranio emerga dall’uscio. La sua rabbia nei confronti di quelle persone che rovinano la pacifica serenità del suo palazzo gli fa tremare le mani: se ne accorge, costringendosi a prendere un profondo respiro ed a calmarsi.

All’improvviso, un rumore di passi risale le scale. La tensione si alza.

La guardia giurata si costringe a spostarsi dal suo obiettivo, nascondendo goffamente la mazza dietro la schiena.

La testa di un uomo di origini nordafricane emerge dal piano inferiore. Il nuovo arrivato, in abbigliamento da lavoro, è evidentemente molto stanco. Quando alza gli occhi dai suoi stessi piedi, si accorge della presenza dell’italiano sul pianerottolo.

«Buonasera.»

«’sera», risponde con evidente fastidio il vigilante notturno.

Il capofamiglia dell’appartamento in affitto non perde tempo in ulteriori chiacchiere, che nessuno dei due desidera alimentare. Infila le chiavi nella toppa ed entra in casa.

Sbirciando all’interno, Salvo scorge la moglie sul divano, appisolata con un bambino di circa due anni sdraiato sulle sue gambe. Hanno atteso l’uomo di casa finché hanno retto, crollando di fronte alla televisione.

La porta si richiude. La guardia giurata si sente un perfetto idiota: quella famiglia non potrebbe mai rappresentare una minaccia, tantomeno la madre ed il figlio possono essere stati gli autori di quei rumori notturni. Ciò non toglie che la sua missione per riportare l’appartamento in mani più accettabili non si fermerà, ma forse cercherà di andarci un po’ più piano nel prossimo futuro, anche perché al prossimo cambio di affittuari potrebbe andare molto peggio. O forse no. Dipenderà dalla noia e dal suo umore quando finirà il caldo estivo.

A proposito della canicola: la tromba delle scale è un forno, nemmeno di quelli ventilati. Salvo sta letteralmente disseminando sudore sul pianerottolo, tanto che ripartendo alla ricerca della fonte dei rumori notturni rischia di scivolare.

Proprio mentre ritrova l’equilibrio, sincerandosi della salute del suo ginocchio destro, un altro tonfo sordo raggiunge le sue orecchie. Arriva chiaramente dal piano inferiore: finalmente è giunto il momento di agire.

La guardia giurata lascia correre le pantofole sugli scalini, coprendo in pochi istanti la distanza che lo separa dal suo nuovo obiettivo.

Intuisce qual è la porta giusta, poiché su quel piano due appartamenti su tre sono occupati da coppie anziane. Il terzo ospita un ragazzino viziato che non gli è mai piaciuto.

E’ un figlio di papà che si è trovato la strada spianata: non appena si è iscritto all’università, la famiglia lo ha fatto accomodare in quelle quattro mura, senza alcun affitto e con una reddita fissa per le sue esigenze. Inutile dire che il giovane non ha esitato ad approfittarne per trascorrere giorni e notti in festini a base di ragazze e spinelli. Va al contempo detto, per correttezza, che questa sua libertà non ha avuto impatti sulla quiete della palazzina, perché ha sempre cercato di mantenere rumori ed odori sotto controllo, così da poter proseguire i bagordi senza che i genitori sospettassero alcunché.

Questo perlomeno fino a quella sera.

L’orecchio di Salvo aderisce alla porta. Sente chiaramente versi di una persona imbavagliata. Inoltre, un vociare di sottofondo, denso di risatine di apparente scherno, lascia intendere che qualcuno stia tramando qualcosa che deve essere assolutamente fermato.

L’eroe del palazzo è pronto all’azione. L’unico particolare che lo trattiene è il fatto che non ha davvero idea di cosa aspettarsi dall’interno dell’appartamento.

Quando tuttavia sente due ragazzi esplodere in grasse risate, ed una voce femminile scoppiare chiaramente in lacrime, sente di non poter attendere oltre. La mazza si abbatte violentemente sulla serratura, mandandola in pezzi.

Il giustiziere della notte entra furiosamente nella penombra creata da quei pervertiti. Vede chiaramente due ragazzi in piedi, mentre circondano una giovane seduta su di un divano che si regge la testa, in lacrime e con una benda tra le mani. Cosa pensano di fare quei pervertiti nel suo palazzo?

L’arma divina nelle mani dell’eroe inizia a vorticare furiosamente. A nulla servono le disperate urla dei ragazzi, compreso il padrone di casa. I giovani cercano di proteggersi, implorando il castigatore di fermarsi dopo che i primi urti violenti raggiungono le loro braccia.

«Fermati! Cosa diavolo stai facendo?»

Sorprendentemente, è stata la ragazza ad urlare più forte di tutti per arrestare la furia di Salvo. L’uomo impallidisce: ha forse frainteso tutta la situazione?

L’eroe tramutatosi in aggressore scatta un’istantanea della stanza. Vede sé stesso immobile, con la mazza a mezz’aria. La trova sporca di una sostanza biancastra che cola in pezzi verso il pavimento. L’origine di quella materia molliccia è facilmente individuabile nel tavolino di fronte al divano, su cui fa bella mostra di sé una torta di compleanno semidistrutta. Festoni ed un paio di regali rendono ancora più evidente la ragione di quel dolce.

Ma i rumori, le urla, la bocca bendata? Possibile che abbia sognato tutto?

Il giovane padrone di casa prova a spiegarsi, ancora atterrito per la mazza da baseball sospesa in un movimento che avrebbe potuto raggiungerlo al costato.

«Avevamo chiuso la nostra amica in camera per prepararle una sorpresa. Non ho la chiave, perciò lei cercava di uscire e noi la tenevamo chiusa dentro, e la porta deve avere sbattuto diverse volte. Quando non siamo più riusciti a trattenerla, l’abbiamo bendata. L’unico oggetto che abbiamo trovato era uno strofinaccio da cucina, ma era troppo grande, così le ha coperto anche la bocca. Lo so che poteva sembrare che stesse succedendo qualcosa di brutto, e mi dispiace di averla fatta preoccupare, ma non le sembra di avere esagerato?»

Stava andando tutto bene, finché il giovane non ha osato insinuare che la colpa dell’accaduto sia da imputare al nostro beniamino. Che, è giusto dirlo, ha talvolta qualche problema ad ammettere le proprie responsabilità.

«Senti, ragazzino, se non vuoi che ti metta nei guai, chiamando la polizia a quest’ora della notte per denunciare un festino con schiamazzi ed urla sospette, vedi di cucirti la bocca. Se provi a dire a tuo padre o a qualcun altro che la colpa di quella porta rotta è mia, piuttosto che della vostra assurda idea di fare baldoria a quest’ora della notte in un palazzo di gente rispettabile, la prossima volta non sarà la maniglia ad andare in pezzi. Ci siamo capiti?»

I tre giovani annuiscono all’unisono, condividendo la voglia di uscire prima possibile da quella assurda ed imprevedibile situazione.

La mazza torna ad appoggiarsi sulla spalla del giustiziere. L’uomo si volta, dando le spalle agli attoniti giovani e riprendendo la strada di casa per godersi il meritato riposo, dopo avere riportato l’ordine nel palazzo.

Milù lo accoglie festosamente, contenta di rivedere ancora una volta incolume il suo padrone, nonché dispensatore della sua indispensabile acqua.

Salvo regala qualche attenzione al suo animale domestico, quindi si libera degli abiti divenuti opprimenti per il sudore e si regala finalmente una doccia fresca e ristoratrice, prima di accendere il ventilatore che bombarderà di aria tiepida ma quantomeno non stagnante il suo letto.

Cullato dal ricordo di quella serata avventurosa, il paladino di coloro che amano la giustizia si addormenta con un dolce sorriso a dipingergli il volto.

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