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Racconti brevi

Le scelte della vita

Un’avventura incredibile porta un ragazzo a vivere uno spaccato del suo futuro.

Nella casa ammantata dal silenzio notturno, Paolo non riusciva a staccarsi dalla visione della cantina disordinatamente affollata dai ricordi delle passioni di un tempo.

Erano state ore totalmente irrazionali. Avrebbe detto di avere trascorso la serata in compagnia dei soliti tre amici, bevendo e giocando a briscola chiamata. Era certo di essere uscito dalla casa che li aveva ospitati con la testa resa leggera dell’alcool, tuttavia in condizioni adeguate alla guida. Non aveva dubbi in merito al fatto che al suo fianco ci fosse quello tra i compagni di baldoria che abitava più vicino a lui, così che Paolo potesse dargli un passaggio. Eppure…

…eppure quando frenò di colpo per evitare un gatto che aveva attraversato all’improvviso la buia strada comunale, la voce della persona spaventata accanto a lui giunse al suo orecchio con un tono più femminile di quanto lui si sarebbe aspettato. Da allora, nulla aveva più avuto senso.

Dopo essersi ripreso dalla sorpresa, sfruttò la scusa dell’ebrezza per porre alla donna sconosciuta quelle domande che, in condizioni di lucidità, non avrebbero avuto alcuna ragione di essere formulate. Scoprì in tal modo che Silvana, la probabile trentenne accanto a lui, era in effetti sua moglie; che avevano un figlio di due anni di nome Tommaso, in quel momento affidato ai nonni paterni; che erano trascorsi sette anni dalla sera che fino ad un attimo prima pensava di stare vivendo; infine, che l’amico svanito accanto a lui viveva e lavorava in Irlanda ormai da quasi un anno.

Quando ebbero raggiunto quella che scoprì essere la sua casa coniugale, la sua testa vorticava ancora tremendamente. Silvana diede la colpa all’eccesso di drink della serata, così lo punì abbandonandolo a dormire sul divano. Paolo ne approfittò per aggirarsi tra le stanze della villetta a schiera in cui vivevano, finché non giunse in cantina dove trovò le vestigia di quel passato cristallizzatosi nella sua mente, ed apparentemente anche nel tempo magicamente slittato in avanti di sette anni.

Nel caos organizzato di quel luogo, Paolo trovò tutte le passioni di un tempo: il suo primo romanzo, la cui bozza stampata e annotata giaceva sotto una coltre di polvere; la sua amata chitarra, così scomoda da raggiungere che probabilmente non veniva più toccata da almeno due anni; la collezione di oggetti e testi sul Giappone, una terra che amava e nella quale aveva deciso che si sarebbe un giorno trasferito, ora simulacro di un’adorazione spentasi nelle nebbie del tempo.

Realizzò che non era solo sua moglie ad essergli sconosciuta. Paolo capì di non avere la più pallida idea di chi fosse quell’uomo di cui vedeva l’immagine riflessa nel vecchio specchio appoggiato alla parete della cantina.

«Io non ti conosco. Vattene dalla mia vita, rivoglio la persona che ero, rivoglio il mio futuro, i miei sogni!»

Risvegliata dalle urla e dal lanciò delle cianfrusaglie contro la porta, Silvana scese in cantina.

«Si può sapere cosa stai facendo? Vuoi svegliare tutto il complesso?»

Paolo guardò quella donna che, in un passato di cui non aveva memoria, aveva deciso di sposare. Doveva a lei la colpa di ciò che era successo?

«Cosa pensi di me?»

«In questo momento è meglio che io non parli.»

«Dico sul serio: che opinione hai di tuo marito?»

Silvana si schiarì la voce, prima di rispondere: «Sai, hai fatto tanto sacrifici per noi. Però, per quanto te ne sia grata, devo dire che sei cambiato molto in questi anni. La persona che ho conosciuto tanti anni fa era appassionata e piena di sogni, oggi non riesci a staccare la testa dal tuo lavoro. Non ci fai mancare nulla, ma non ci sei mai quando ti vorremmo vicino, né per me, né soprattutto per Tommaso.»

«Perché mi hai permesso di cambiare?»

«Perché non me la sono sentita di criticarti per aver scelto di mettere da parte le tue passioni per regalarci un futuro più solido.»

Paolo capì perfettamente. Aveva sbagliato tutto, ma a fin di bene, e per la stessa ragione sua moglie lo aveva assecondato. Ora erano entrambi infelici.

«Devo andare, ho bisogno di schiarirmi le idee. Non ti preoccupare, da domattina andrà tutto meglio.»

Paolo lasciò Silvana a bocca aperta, uscendo in piena notte nel freddo autunnale. Non si era nemmeno concesso di chiederle una foto di suo figlio: qualora se ne fosse perdutamente innamorato, non avrebbe avuto il coraggio di tentare di riportare indietro le pagine del calendario, con il concreto rischio che Tommaso non venisse mai al mondo.

Salì in macchina e ripercorse a ritroso la strada, certo che in quel modo sarebbe tornato a vivere un passato che avrebbe aggredito in tutt’altra direzione.

Attese pazientemente parcheggiato vicino a casa dell’amico in cui era certo di avere trascorso la serata, quindi ripartì non appena vide gli occhi di un gatto a lato della carreggiata. Frenò di colpo per simulare ciò che era accaduto poche ore prima, ma non riuscì ad arrestarsi, andando ad urtare contro un albero.

L’amico di fianco a lui si scosse: «Ehi, cosa hai combinato? Ti sei addormentato?»

Paolo era sollevato dalla voce maschile che sentì accanto a sé: «No, un gatto che è uscito all’improvviso mi ha fatto perdere il controllo.»

Quindi era stato un incidente, fortunatamente non grave, a dare vita a quel sogno che lo aveva proiettato in avanti di sette anni. Bene, non avrebbe lasciato che l’insegnamento che aveva tratto da quell’esperienza cadesse nel vuoto.

Nei mesi successivi si impegnò per non lasciare morire i suoi sogni. Fece in modo che il trasferimento in Giappone divenisse una prospettiva concreta; pubblicò il suo primo romanzo e ne iniziò un secondo, pur non coltivando l’ambizione di farne una carriera; infine, non abbandonò mai la sua chitarra e con essa la passione per la musica.

Una sera, circa un anno dopo, diede una festa a casa sua. Invitò un piccolo gruppo di amici a suonare, e si divertì ad affiancarli in un paio di canzoni per togliersi la soddisfazione.

Quando andò a prendersi una birra, una ragazza lo avvicinò per parlargli. Si chiamava Silvana.

Dopo una decina di minuti, era già chiaro ad entrambi come si stesse creando una notevole affinità fra di loro. Lui volle così mettere subito in chiaro il suo piano per il futuro: «Sai, al più tardi entro un paio d’anni vorrei trasferirmi in Giappone.»

«Davvero? E’ meraviglioso! E hai già qualcuno che ti accompagni?»

Il cerchio del destino si era chiuso. Tommaso sarebbe nato qualche anno dopo, in Giappone e con un padre che non avrebbe mai perso la voglia di tenere vive e di trasmettergli le sue passioni.

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